Lungi da me addentrarmi nel campo del paternalismo, il rischio di rimbalzare all’etichetta del “buonismo” mi urterebbe ancora di più dell’errore di approccio stesso; preferisco arrivare dritto al punto senza soffermarmi più di tanto in premesse inutili.
Chi è appassionato di calcio conosce la vicenda Zaniolo. Il talentuoso ragazzo non ancora ventiquattrenne è da settimane al centro di polemiche e conseguenti gogne mediatiche. Da constatare come un pezzo di opinione pubblica si sia qualificata, anche questa volta, a giudice di sentenza archiviando però in maniera del tutto singolare il merito della questione dalla quale tutto è partito.
Zaniolo non si è sentito dentro il “progetto Roma”, la Roma risponde dicendo di non sentirlo a sua volta dentro il progetto; da qui un balletto di mercato poco chiaro con voci e sussulti che vedevano il giocatore tra la Premier, la Bundesliga e Casa Milan tra le braccia di Paolo Maldini. Indipendentemente da come “l’affaire mercato” è nato, si è sviluppato e si è risolto, rimane sul tavolo un punto molto chiaro: Nicoló Zaniolo è un giocatore della Roma e insieme alla società definirà scenari futuri e ipotesi di eventuale accordo.
La cosa che invece balza all’occhio è il meccanismo che si è scatenato.
Una valutazione sulle caratteristiche tecniche del giocatore è del tutto fisiologica, sessanta milioni di allenatori all’interno del “Bar Sport” sono tutti quanti campioni del mondo il lunedì mattina.
E guai a toccare questo principio sacro, sarebbe come per un Indiano d’America perdere le piume, una vera sciagura la perdita di un tratto così identitario! (Sic!)
Al contrario, invece, il cocktail di benaltrismo e perbenismo risulta indigesto anche agli stomaci più allenati!
Ho letto commenti vergognosi sulla madre del giocatore e addirittura allusioni diffuse con audio whatsapp sulla vita privata dello stesso. Come se il patentino morale (deciso da chi e con quali criteri sarebbe bello saperlo) fosse adesso la pre condizione per vederlo rientrare in campo. Mescolando così almeno tre livelli diversi: la discussione tra la società e il giocatore, il valore tecnico di questo (che a mio modesto parere è fuori discussione) e la vita privata che conduce quando veste i panni di un ragazzo di ventitré anni.
La cosa che trovo insopportabile è il rigurgito di chi proprio non sopporta che un ragazzo così giovane possa avere successo e guadagnare cifre roboanti se paragonate ai salari di un lavoratore medio, la furia iconoclasta inebria la giuria popolare che vuole subito la condanna per lui che “ce l’ha fatta.” Perché se stiamo tutti nel fango ci sentiamo meno sporchi, perché se tutti sbagliano e vengono aggrediti ci sentiamo meno sbagliati. È così via. Avvilente perché questo paese così facendo, non solo per il dossier Zaniolo, insegna ai ragazzi che alla fine il benaltrismo è la cura di tutti i mali. Un’assoluzione che vale sempre e comunque.
Così facendo sotto le unghie rimarrà la sporcizia di questa brutta malattia utilizzando l’infallibilità come bussola morale. Qualcuno ha detto “la bellezza salverà il mondo” e io parafrasando, con una vena di immutato entusiasmo, aggiungo: “evviva l’incoscienza dentro il
basso ventre perché alla fine gli eroi son tutti giovani e belli.”
Nella speranza di tornare a fare ognuno il proprio mestiere attendendo che gli eventi facciano il proprio corso senza la necessità di sentirci autorizzati a parlare sempre, e a sproposito, di tutto quello che ci va.
Luca Erba