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Contratto nazionale della vigilanza fermo da oltre 7 anni, sindacati e lavoratori in presidio In evidenza

di Ginevra Masciullo-  Questa mattina davanti al Palazzo del Governo si è tenuto un presidio organizzato da CGIL, Cisl e Uil che hanno voluto affiancare i lavoratori e portare avanti le loro istanze.

Gli anni passano ma il contratto nazionale della vigilanza armata e fiduciaria rimane fermo. Un lavoro che comprende responsabilità ed espone a molti rischi, ma per cui non si è avuto alcun aggiornamento a livello di contratti. Questa mattina davanti al Palazzo del Governo si è tenuto un presidio organizzato da CGIL, Cisl e Uil che hanno voluto affiancare i lavoratori e portare avanti le loro istanze. “Da oltre 7 anni la vigilanza non vede nessun aumento salariale e nessun rinnovo -spiega Giacomo Battistelli, segretario generale Uil Tucs Liguria -l’inflazione è galoppante, il salario previsto da contratto per alcuni dipendenti è stato definito dai giudici “al di sotto di un salario dignitoso”, chiediamo che venga rinnovato per dare risposte alle persone impiegate in questo settore.”

Il costo della vita aumenta e i vigilanti chiedono che il rinnovo del contratto tenga conto delle responsabilità che ha chi si occupa di sicurezza. Giorgia Vallone, Filcams Cgil, dichiara: “Questi contratti sono fermi da più di 7 anni, la mobilitazione è di carattere nazionale, ma è stata riparametrata sul regionale, parliamo di mille lavoratori che aspettano un rinnovo e che vorrebbero veder riconosciuti i loro diritti.” Mirko Talamone, Fisascat Cisl, mette l’accento sull’importanza di queste figure professionali: “Sosteniamo le ragioni dei lavoratori della vigilanza, non è soltanto la questione salariale di un lavoro che è stato impoverito, vogliamo ricordare che queste persone hanno garantito la sicurezza anche nel periodo Covid e molti si sono ammalati, è giusto riconoscere quanto fanno.”

Abbiamo intervistato alcuni lavoratori che ci hanno raccontato la loro situazione.

Per dare un’idea del trattamento salariale Fabio Vegna afferma: “Nel 1990 nella busta paga avevo la voce “mancata mensa” quantificata in 2500 lire al giorno con cui riuscivo a mangiare qualcosa, il 5 gennaio 2023, per la stessa voce ho la cifra di € 1.30 con cui si paga a malapena un caffè -prosegue Vegna-Tutti i giorni portiamo addosso un’arma di proprietà, la custodiamo a casa nostra con tutte le responsabilità che comporta, rischiamo di essere aggrediti per meno di 1400 euro al mese.”

Giuliano Lena ci racconta: “Per noi guardie giurate il contratto era già lacunoso e dopo 8 anni non cambia nulla. A differenza delle altre categorie che hanno lavorato durante il Covid noi non abbiamo ricevuto nessun riconoscimento, nemmeno dalle istituzioni. Siamo noi ad occuparci di garantire la sicurezza di luoghi sensibili, aeroporti, porti, trasporto valori e scorte armate, vorremmo vedere riconosciuto il nostro impegno.”

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