Presso la Camera del Lavoro della CGIL, la giornata dell’8 marzo è stata l’occasione per fare il punto sulla situazione femminile nella nostra provincia. L’obiettivo è stato quello di mettere in luce i dati che riguardano le donne in ambito lavorativo, formativo e pensionistico.
“Abbiamo attraversato un momento particolare legato alla pandemia che ha inciso pesantemente sulla vita di tutti noi, ma in particolar modo sulle questioni di genere – interviene Luca Comiti Segretario Generale della CGIL - Inoltre in questi giorni stiamo attraversando un momento molto delicato con tutta una serie di difficoltà che probabilmente si ripercuoteranno sul nostro paese. Pensiamo infatti all’aumento dei costi del carburante e a tutta una serie di dinamiche che potrebbero verificarsi a breve. Sulla base dei dati forniti dall’Ufficio Economico di CGIL Liguria raccolti ed elaborati da Marco De Silva, abbiamo pensato di mettere in evidenza alcune problematiche su temi specifici evidenziando gli aspetti più importanti ed emblematici delle differenze di genere, ma soprattutto di quello che le donne in questi lunghi ormai tre anni hanno subito. Affinché l’economia della provincia possa rimettersi in moto, occorre sicuramente pari dignità tra uomini e donne. Anche le donne hanno necessità di ripresa e di reinserimento lavorativo giusto ed equo e di qualità. I dati in nostro possesso sulla provincia della Spezia, evidenziano che c’è bisogno di un cambio di passo nel nostro territorio. L’analisi infatti sottolinea che migliorando il welfare attraverso l’attivazione di servizi legati alla cura delle persone, sarebbe possibile per le donne poter ambire a un migliore impiego permettendo un aumento del PIL nazionale del 26%”.
I dati, forniti dall’Ufficio Economico di CGIL, mostrano che nella nostra provincia la differenza occupazionale tra uomini e donne è pari al 17,1%. Inoltre, sul territorio alcune zone sono diventate prettamente commerciali, incidendo notevolmente anche sulla tipologia di lavoro, soprattutto per le donne. Parliamo per la maggior parte di contratti part time involontari, con stipendi attorno ai 700 – 800 euro mensili, non sufficienti a mantenere una famiglia, soprattutto pensando a donne sole con figli.
Riguardo invece ai contratti di lavoro, anche in questo caso vi è una differenza di genere tra uomini e donne. Il 21% delle donne ha un contratto a tempo indeterminato, mentre il 54% a tempo determinato, ovvero con un contratto precario che non dà certezze e che non permette di fare delle scelte di vita, ad esempio accendendo un mutuo o investendo sul proprio futuro.
A fronte delle differenze occupazionali e contrattuali, però, tra le donne il tasso di scolarizzazione è più elevato rispetto agli uomini: le laureate sono il 58% contro al 46% degli uomini. Tuttavia ad un titolo di studio più elevato, per le donne equivale un lavoro maggiormente precario e di minor qualità che di sovente si rispecchia in basse qualifiche. Questo perché spesso le donne per situazioni contingenti legate all’organizzazione familiare, sono costrette a fare scelte di questo tipo.
“Oggi sono presente anche io a questo incontro per una scelta ben precisa: vogliamo che anche il Segretario Generale si occupi di questi temi – afferma Luca Comiti – per scardinare quelle regole che la nostra società tendenzialmente patriarcale si è posta. Per dieci anni ho seguito una categoria caratterizzata essenzialmente da donne e quindi ho vissuto tutte le loro problematiche e difficoltà”.
Oltre al tema del lavoro, importantissimo anche quello del welfare, il benessere. In Italia in questo settore abbiamo un grosso problema: la cura della famiglia e dei figli grava essenzialmente sulle donne, non permettendo la realizzazione di genere in termini occupazionali e di vita. Pensiamo ad esempio come lo smart working e la didattica a distanza abbiano impattato pesantemente sulla vita delle donne. Nel periodo pandemico sono state moltissime le dimissioni presentate dalle donne, dovute all’impossibilità di conciliare i tempi di vita con quelli di lavoro.
“Il PNRR a nostro avviso potrebbe dare delle risposte – aggiunge Luca Comiti – con investimenti sul welfare, sull’aumento del numero di asili ad esempio. Le difficoltà ci sono e siamo ancora molto indietro, le differenze di genere sono ancora presenti. Dobbiamo cambiare direzione facendo in modo che si creino quelle condizioni affinché anche le donne abbiano quelle possibilità di sviluppo in termini lavorativi, di vita, di conciliazione dei tempi, allora a quel punto riusciremo a fare uno scatto in avanti. Vorremmo conoscere quali sono i progetti presentati in questi ambiti dalle Amministrazioni sul PNRR per capire gli scenari futuri e quello che si intende fare per cercare di dare quelle risposte alle problematiche di cui stiamo parlando oggi”.
Altro aspetto importante è quello demografico che riguarda gli anziani. In provincia abbiamo una percentuale importante, gli over 65 rappresentano il 27,6% della popolazione, mentre gli over 75 sono il 15%. In Val di Vara la popolazione over 65 è pari al 40% degli abitanti. Sono dati importanti che riguardano una fascia di popolazione che spesso richiede cure.
“Credo che ci sia poca coscienza di questa situazione demografica della provincia – interviene Laura Ruocco del Coordinamento donne CGIL – è un dato che non emerge mai abbastanza. E’ necessaria una pianificazione per la presa a carico dei bisogni di tutte quelle persone che hanno bisogno di cure”.
Il tema del welfare, quindi, risulta indissolubilmente legato ai tassi demografici della popolazione anziana.
“Abbiamo cercato di mettere in parallelo la questione lavoro con il welfare – aggiunge Laura Ruocco – perché spesso queste due tematiche sono trattate separatamente. E’ invece necessario considerare in maniera unitaria questi argomenti, perché è proprio la libertà dalla necessità e dall’impellenza della cura che dà la possibilità alle donne di essere libere di scegliere. Il lavoro di cura per le donne e per le famiglie, abbraccia tutte le fasce d’età, dai bambini agli anziani. Questo significa che il sistema del welfare e dei servizi correlati va visto in un’unica globalità, garantendo maggiori servizi per bambini e anziani, investendo ad esempio sulla domiciliarità, sui trasporti, sostenendo le famiglie e permettendo anche alle donne di poter investire maggiormente sulla propria esistenza. Questo è un dato importante che deve riflettersi sulle politiche che un territorio mette in campo per andare incontro alle esigenze di tutti, in particolare di chi del nucleo famigliare storicamente e culturalmente è dedicato e alla presa in carico della cura delle persone che hanno bisogno”.
“Il Coordinamento Donne della CGIL è nato proprio con lo spirito di fare da legante tra la donna, il mondo del lavoro, il mondo che c’è oltre per capire quali siano le problematiche e le necessità – dichiara Francesca Tarantini - Con i dati disponibili e con quelli che otterremo in futuro si andranno a fare delle valutazioni, a vedere con le donne quali siano le loro necessità e capire cosa si possa fare per andare a migliorare la situazione. Oltre alle informazioni che potremo ottenere con i dati, serviranno anche le informazioni fornite direttamente dalle donne per capire che cosa vivono quotidianamente e quali sono le problematiche che vanno oltre i numeri. I numeri sono oggettivi, manca tutta una parte che appunto va vista con le donne nel dettaglio”.
“Seguo la categoria delle telecomunicazioni, che ricomprende anche le donne che lavorano nei call centers – precisa Tiziana Venelli Segretaria Generale della SLC - Attualmente stiamo trattando il tema dello smart working a livello nazionale, in modo da normarlo nelle aziende. Lo smart working durante il periodo pandemico ha creato problemi. E’ stata una modalità di lavoro attivata rapidamente per far fronte all’emergenza e tanti aspetti non sono stati infatti regolamentati. Stiamo lavorando in questa direzione affinché lo smart working venga regolamentato e stiamo anche firmando accordi direttamente con le aziende perché si possa anche tornare gradualmente al lavoro in presenza alcuni giorni alla settimana, garantendo una situazione migliore rispettando i parametri di sicurezza”.
“Mi occupo della Categoria turismo e commercio – interviene Giorgia Avallone Segretario Generale della FILCAM – una categoria molto colpita dagli effetti dell’emergenza pandemica dove le donne hanno pagato molto. Penso che sia necessario cambiare iniziando dalle scuole a sensibilizzare sul tema della cultura di genere. Se è vero che abbiamo ricevuto molte dimissioni da parte di donne che non riuscivano più a far combaciare il proprio tempo lavorativo con quello familiare, probabilmente abbiamo bisogno di ripartire da qui, ovvero da tutto quel sistema di servizi e di sostegno che deve essere prestato alle famiglie. Inoltre penso che sia necessario ridefinire i termini contrattuali, provando a ridisegnare degli orari di lavoro che siano più congeniali e che soddisfino le esigenze delle famiglie”.
“Parlare di lavoro in questo momento credo sia fondamentale ed è compito della CGIL raccogliere tutte le informazioni possibili per capire dove lavorare sulle problematiche – dichiara Isa Raffellini del Coordinamento Donne dello SPI – meno lavoro per le donne e non riconoscimento delle professionalità, vuol dire avere una pensione più bassa, quindi maggiore bisogno di welfare senza avere la possibilità di pagarlo. Bisogna avere una visione per il futuro, pensare ad un modello di società che ricomprenda tutto e che permetta, grazie ad una migliore occupabilità femminile, di recuperare quella parte di PIL a cui faceva riferimento il Segretario Generale Luca Comiti”.
“Questo è l’inizio di un percorso – conclude Luca Comiti – perché vorremmo nei mesi prossimi organizzare iniziative tematiche sui temi trattati questa mattina. Vorremmo puntare su alcuni di questi argomenti per andare a creare delle iniziative per sviscerare ulteriormente quelle problematiche che già i dati hanno evidenziato”.
“Da questo tavolo vorremmo lanciare un messaggio a tutte le forze territoriali e politiche– aggiunge Laura Ruocco – affinché si faccia un focus costante sulla condizione femminile nella nostra provincia dal punto di vista sia lavorativo che dei servizi, ragionando in termini unitari. I bisogni delle donne che lavorano devono essere presi a carico da parte di tutti gli attori che in questo territorio possono decidere in merito”.
Scaricabile qui sotto il dettaglio dei dati.