Nell'intervento con il quale ha aperto i lavori del Consiglio Comunale straordinario dedicato al Giorno del Ricordo, svoltosi in videoconferenza con la partecipazione e il contributo di tanti studenti, il presidente Giulio Guerri ha sottolineato i tre aspetti della tragedia vissuta dagli italiani giuliano-dalmati: la barbarie delle persecuzioni e dei massacri, il dolore di un esodo forzato e la vergogna del silenzio che per decenni ha avvolto questa vicenda storica.
"Negli anni che hanno preceduto e seguito l'affermazione in Venezia Giulia e Dalmazia da parte delle formazioni di Tito, le popolazioni italiane di quei territori furono bersaglio di una serie di crimini compiuti allo scopo di punire, terrorizzare e infine cacciare una comunità identificata come nemica solo per il fatto di essere, appunto, italiana. Migliaia di nostri connazionali furono rapiti, seviziati e uccisi. Molti di loro furono gettati in fondo al mare o nelle foibe. Si realizzò - prosegue Guerri citando il rapporto della Commissione culturale Italo-slovena - "un disegno di epurazione preventiva di oppositori reali, potenziali o presunti tali, in funzione dell'avvento del regime comunista e dell'annessione della Venezia Giulia al nuovo Stato jugoslavo".
Un aspetto, questo, che Guerri ha ulteriormente sottolineato ricordando gli italiani antifascisti e protagonisti della Resistenza che furono fra le vittime degli orrori compiuti dai comunisti jugoslavi e descrivendo l'esodo di massa che in meno di dieci anni coinvolse centinaia di migliaia di italiani, costretti a fuggire dalle loro città e dai loro villaggi.
Guerri ha ripercorso i momenti della diaspora degli italiani giuliano-dalmati, i sacrifici e le difficoltà da loro affrontati per ricominciare una nuova vita, come esuli, nelle città italiane in cui erano immigrati.
"Qui alla Spezia le famiglie inizialmente e per lungo tempo allocate nella caserma "Ugo Botti" di Ruffino, ebbero la casa - ha ricordato Guerri - con la costruzione dei condomini del villaggio di via Lunigiana e di via Proffiano a Rebocco".
Guerri ha concluso il suo intervento mettendo in evidenza come, a tutte queste sofferenze patite, si sia aggiunta per decenni la volontà di relegare nell'oblio la vicenda che aveva segnato la vita di questi esuli e delle loro famiglie.
"Un silenzio - ha affermato Guerri - che dopo settant'anni è stato rotto dall'assunzione di una comune e civile coscienza storica, che riconosce e commemora quei fatti e sente giungere da essi un severo monito per poter costruire una società che, bandendo ogni forma di violenza, dittatura e discriminazione, sappia porre al centro l'essere umano, la sua dignità, l'inviolabilità della sua persona e dei suoi affetti, il suo diritto di vivere e progettare il futuro nel segno della libertà, della pace, della democrazia e della fratellanza"