Tutti lo chiamavano Adriano, tra gli amici di gioventù "Spaccon", ma si chiamava Andrea, come lui sottolineava sempre, e aveva un brutto caratteraccio.
Era un po' tirchio ma soprattutto testardo e anche burbero. Odiava molte cose e non lo nascondeva affatto: rimproverava le persone arroganti e maleducate, le ragazzine truccate, le discoteche (perché la notte è fatta per dormire!) gli orecchini e i tatuaggi dei giovani d'oggi, e soprattutto i fumatori... perché lui aveva smesso e quindi tutti potevano e dovevano riuscirci... ma sopra ogni cosa detestava invecchiare... perché non poteva più fare le cose di un tempo, come guidare l'automobile o zappare la terra.
A proposito della terra, la sua era una famiglia di contadini, numerosa e povera. Povera di soldi ma non certo di virtù. Lui da ragazzo portava il latte a Sarzana, ogni giorno su e giù da Fosdinovo, ovviamente a piedi, con un carretto.
E lira dopo lira (che per lui erano i "franchi") è riuscito a creare una famiglia, ad aprire un'azienda di trasporti e a costruire una casa grande, con il giardino e l'orto. E allora il suo essere tirchio era davvero un difetto? E la sua testardaggine non era forse determinazione?
Aveva anche tanti amori, ne diremo solo alcuni: prima su tutti sua moglie Sermide, che ha perso all'improvviso, dopo ben 50 anni di vita assieme, ma comunque troppo presto. Adorava il suo cane da caccia Zorro, giocare alle bocce a Sarzana, coltivare la sua terra e fino all'ultimo si preoccupava delle sue galline. Amava tanto anche il vino, ballare il liscio e cantare canzoni di un'epoca che fu, per noi sconosciute...
Quando Sara aveva dieci anni le ha regalato un pianoforte e per anni pagava le lezioni affinché imparasse la musica, come non aveva potuto fare lui. Non diceva mai "brava" ma saliva le scale e si metteva lì dietro di lei, seduto, zitto e fiero ad ascoltare.
Quando lo scorso anno è nata Selene ed è diventato bisnonno non ha detto una parola. Ma le prendeva la manina e la baciava teneramente, seppur con la sua solita discrezione.
In questa e in tante altre occasioni faceva fatica a dimostrare affetto, lo teneva dentro la sua corteccia, dura come quella di un albero secolare. E al secolo in effetti ci è quasi arrivato, forte come una roccia, ma fresco come il bel fiore di Bella ciao.
Ha combattuto la nostra Guerra tra i monti di Fosdinovo e non ne voleva parlare mai, nonostante provassimo con ostinazione a strappargli almeno qualche racconto. Tuttavia a qualsiasi ospite passasse da casa mostrava con orgoglio la sua medaglia incorniciata.
Evidentemente il dolore era più grande, la Resistenza aveva portato alla vittoria, sì, ma una vittoria sofferta. Lui aveva imparato a ricordarla e a conviverci senza disperare, guardando verso il "sole dell'Avvenire".
Oggi vogliamo salutarlo dicendogli solo grazie, di aver lottato per noi. E grazie di aver vinto per noi. Perché quella del partigiano Adriano Dicasale non è solo la storia di una vita. La sua vita è un pezzo della nostra Storia. Anche se per noi era, è e sarà semplicemente specialmente il nonno Andrea.
La famiglia Dicasale vuole fare ringraziamento a tutto il personale Oss e infermieristico e alle Dottoresse Francesca Marchini e Deborah Calvi della Medicina Uomini dell'ospedale San Bartolomeo per l'assistenza e le cure amorevoli date ad Andrea nei suoi ultimi giorni di vita.