Leggiamo a mezzo stampa le critiche di Cobas e Uiltrasporti circa l’eccessiva, a detta loro, riduzione dei servizi di TPL durante il periodo di quarantena.
Le critiche, sempre legittime, devono avere però basi solide per essere sostenute e non devono, soprattutto in un momento così difficile, creare false suggestioni tra la cittadinanza.
L’articolo, frutto della saldatura tra il sindacalismo massimalista e quello delle tessere, appare più come il “canto del cigno” di chi non ha più la capacità di leggere i forti mutamenti, in atto da anni nella società e divenuti, con lo scoppio dell’epidemia, un vero e proprio terremoto che condizionerà nel futuro la vita sociale ed economica del Paese e di conseguenza il mondo dei trasporti, ATC inclusa.
Detto ciò proviamo a fare un po’ di chiarezza sulla situazione che, forse, alle due sigle sindacali, è sfuggita o non è sufficientemente chiara.
Stante i loro assunti, il servizio erogato in questi due mesi è stato insufficiente. Nel mentre la Nazione si fermava quasi totalmente e l’appello di stare a casa si tramutava in un divieto vero e proprio ad uscire, i Sindacalisti (Cobas e Uiltrasporti) chiedevano più servizio. Per trasportare chi? Lo sanno che gli autobus in questi due mesi hanno viaggiato praticamente vuoti? Che il calo delle vendite dei titoli di viaggio nel mese di aprile è stato del 95%? Forse hanno male interpretato, non c’è altra spiegazione logica, i DPCM che imponevano la quarantena a tutta l’Italia. ATC dal canto suo ha fornito un servizio proporzionato alle reali esigenze di trasporto che si sono manifestate in questo periodo ed è stato via via incrementato per rispondere alle richieste provenienti dai territori e consentire i pochi spostamenti autorizzati, per le poche attività produttive rimaste aperte o per reali necessità. In diverse occasioni abbiamo spiegato alle due sigle sindacali che il bus andava preso SOLO per spostamenti improrogabili. Non per farsi un giro o andare a fare la spesa da un quartiere all’altro.
Vogliamo poi, per l’ennesima volta, spiegargli come stanno i conti di ATC. In soli due mesi l’Azienda perderà circa 1 milione 400 mila Euro derivante dalla vendita dei titoli di viaggio, ma soprattutto è destinata, da maggio in poi, anche quando il Paese si rimetterà in moto, viste le limitazioni di carico per garantire la sicurezza di passeggeri e autisti, a perdere oltre il 50% degli incassi mensili, a fronte di costi che, al contrario, aumenteranno a dismisura per le medesime limitazioni.
Chiedere un’integrazione salariale per i dipendenti in Cassa Integrazione è irresponsabile dal punto di vista economico, insostenibile dal punto di vista giuridico, trattandosi di denaro pubblico, eticamente scorretto nei confronti di tutti quei cittadini che, vista la chiusura totale delle attività in cui lavorano, non riescono ad arrivare, non a fine mese, nemmeno alla metà.
I lavoratori, cari Signori, si difendono tutti. Soprattutto nel momento più difficile della storia del Paese dal dopoguerra ad oggi.
Per ottenere facili consensi, due tessere in più e qualche applauso in Azienda, si attacca frontalmente e strumentalmente un’Azienda che in questi mesi ha avuto come un unico obiettivo quello di rispettare, addirittura anticipando, le normative nazionali e di mettere in sicurezza, per quanto possibile con le proprie forze, la salute e il posto di lavoro di oltre 400 persone.
La maggior parte delle quali, peraltro, ha chiesto volontariamente di essere collocata in Cassa Integrazione per più settimane.
In ultimo quando si scrive ai giornali sarebbe corretto raccontarle tutte, ovvero che in realtà ci si batte per non far fruire, come prevede la legge, le ferie del 2019 a qualche iscritto recalcitrante.
Non sta a noi giudicare le affermazioni di Cobas e Uiltrasporti, sicuramente lo faranno i cittadini.
ATC Esercizio SpA