Fine settimana di danni e disagi in Liguria con strade chiuse e campi allagati, smottamenti, esondazioni e frane che hanno violentemente colpito il centro e ponente della regione, in special modo la provincia di Savona: è solo l’ultimo episodio che ha afflitto inoltre l’agricoltura ligure, danneggiando, in alcune zone, le colture invernali a pieno campo e causando possibili ritardi per quelle primaverili.
E’ quanto afferma Coldiretti Liguria, dopo oltre 36 ore di allerta rossa che si sono abbattute partendo dal venerdì notte con violenti nubifragi nella bassa Valpocevera (Genova) per proseguire con la Val Bormida e l’estensione della perturbazione fino alla provincia d’Imperia: frane, smottamenti, torrenti e rii esondati si contano in ogni parte della Liguria e ancora alto ne rimane il pericolo a causa della ormai completa saturazione del terreno. A sommarsi alle forti piogge, non è mancata poi una violenta mareggiata che ha interessato le coste liguri, con onde sino a 6 metri che si sono abbattute, ad esempio, ad Alassio danneggiando il litorale. Nell’Entroterra di Savona, dove per giunta continua a piovere, i fiumi sono entrati nei terreni coltivati riversando detriti e ingenti quantità d’acqua sulle colture in pieno campo compromettendo il lavoro degli agricoltori, mentre i fabbricati agricoli sono a rischio crollo perché posizionati su terreni dove è aumentato esponenzialmente il rischio di frane. Episodio grave è stato inoltre il crollo del viadotto dell’A6 all’altezza del comune savonese di Altare a causa di un’imponente frana, che compromette la viabilità della zona. Non va meglio nella Piana d’Albenga, dove numerose aziende di ortaggi, piante aromatiche e fiori sono finite sott’acqua: in quest’ultimo caso bisognerà aspettare i prossimi giorni per sapere se le piante, restate nell’acqua per due giorni, potranno riprendersi. E sofferenza alle coltivazioni di ortaggi in pieno campo si contano tanto nel genovesato quanto nella provincia d’Imperia, dove le frane stanno inoltre abbattendo i classici muretti liguri.
L’andamento anomalo di quest’anno conferma purtroppo i cambiamenti climatici in atto, che si manifestano con una più elevata frequenza di fenomeni estremi con sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal maltempo alla siccità. Non solo la Liguria infatti è nella morsa del maltempo ma gran parte dell'Italia, a causa delle continue perturbazioni che sono arrivate in un 2019 bollente che si classifica al quinto posto tra i più caldi dal 1800, con una temperatura superiore di 0.83 gradi rispetto alla media. L’anomalia si fa sentire anche in Europa dove le temperature sono state di 1,75 gradi superiori alla media storica del periodo e classificano il 2019 al terzo posto tra i più caldi del vecchio continente, mentre a livello globale l’anno in corso si classifica fino ad ora come il secondo più caldo di sempre sul pianeta, facendo registrare una temperatura media nei primi dieci mesi sulla superficie della terra e degli oceani, addirittura superiore di 0,94 gradi rispetto alla media del ventesimo secolo.
"L’eccezionalità degli eventi atmosferici - commentano il Presidente di Coldiretti Liguria Gianluca Boeri e il Delegato Confederale Bruno Rivarossa - è ormai diventata la norma in Italia e nella nostra fragile regione, dove la morfologia del suolo, associata all’abbandono delle terra e alla cementificazione smisurata della costa, l’hanno resa inadeguata ad adattarsi ai cambiamenti climatici di questi ultimi anni. Purtroppo il 100% dei comuni liguri risultano avere almeno parte del territorio a rischio idrogeologico con elevata pericolosità di frane e media pericolosità idraulica, per un totale di circa centomila persone che vivono in zone a rischio alluvioni.
L’agricoltura – concludono Boeri e Rivarossa - è l’attività economica che più di tutte le altre vive quotidianamente le conseguenze dei cambiamenti climatici e che ha perso più di 14 miliardi di euro nel corso di un decennio, tra produzione agricola nazionale, strutture e infrastrutture rurali, ma è anche l'attività che può aiutare a salvaguardare il territorio. Per questo si deve difendere il proprio patrimonio agricolo e la propria disponibilità di terra fertile con un adeguato riconoscimento sociale, culturale ed economico del ruolo dell’attività nelle campagne. Per evitare di dover costantemente rincorrere l’emergenza servono interventi strutturali che vanno dalla realizzazione di piccole opere di contrasto al rischio idrogeologico, dalla sistemazione e pulizia straordinaria degli argini dei fiumi ai progetti di ingegneria naturalistica fino a un vero e proprio piano infrastrutturale per la creazione di invasi che raccolgano tutta l’acqua piovana che va perduta e la distribuiscano quando ce n’è poca, con la regia dei Consorzi di bonifica e l’affidamento ai coltivatori diretti.