I giovani chiedono di cambiare, perché “si sono rotti i polmoni” e non c’è più tempo. Non è un nuovo movimento ecologista o ambientalista, è qualcosa di molto di più: un movimento globale per il destino del pianeta, un’assunzione di responsabilità sul futuro del genere umano. E’ forse un nuovo Sessantotto, figlio però del nostro tempo. Il tratto comune, rispetto a cinquant’anni fa, è la rottura generazionale, la discesa in campo di una nuova generazione in tutto il mondo. E’ un potenziale enorme. Dobbiamo assumere lo sguardo dei giovani, chiederci cosa può fare la politica e ciascuno di noi. Noi più adulti, che stiamo consegnando ai giovani di oggi un mondo in dissoluzione.
Chiederci che cosa possiamo fare anche nella nostra città: dismettere finalmente la centrale a carbone e non sostituirla con una a metano, dare sempre più spazio al trasporto pubblico rispetto a quello privato...
Cambiare cioè un modello di sviluppo. Spero che la politica capisca che serve cambiare il modello economico-finanziario che sta distruggendo il pianeta. Purtroppo non è ancora così: la mobilitazione dei giovani è più avanti della politica ufficiale. L'unico che ha preso la parola su questi temi è Papa Francesco: ha ripetuto più volte che siamo davanti alla conseguenza drammatica dell’attività economica incontrollata dell’uomo, che va ripensata dalle fondamenta. È questo l’elemento che il movimento pone davanti alla politica: rispondere con parole generiche di adesione non ha alcun significato se poi non si sostengono programmi economici, sociali e ambientali radicalmente innovativi.
Giorgio Pagano
Cooperante, già Sindaco della Spezia