"E' ormai opinione comune che i risultati del referendum hanno aperto una nuova fase politica la cui identità va definita segnando una chiara discontinuità rispetto alle scelte ed agli indirizzi degli ultimi anni.
Alla Spezia, per primi in Italia, nel Maggio scorso, abbiamo dato vita ad un "Comitato La Spezia per il No" alla proposta di riforma costituzionale che esprimendo il suo dissenso sulle proposte di riforma del governo Renzi, denotava anche la chiara consapevolezza che con la vittoria del NO tutto il quadro politico poteva cambiare.
Così sta avvenendo, pur in presenza di resistenze e velleitarie ipotesi di controffensive che pare non tengono a mente gli orientamenti ripetutamente espressi anche dal nostro elettorato.
Ciò conferma la validità della nostra decisione di non disperdere il nostro impegno democratico e le adesioni, dentro e fuori del PD, al Comitato del NO spezzino.
Analoga decisione di proseguire l'impegno di partecipazione democratica alla vita civile e politica del Paese è stata assunta da quasi tutti gli altri comitati del NO sorti a suo tempo in Italia, che oggi si stanno connettendo in rete in tutte le regioni italiane.
Salvaguardate, con il successo al referendum, le caratteristiche popolari, democratiche e pluraliste della Costituzione vogliamo ora avviare un nuovo rapporto per dialogare ed aprirci alla partecipazione comune anche con quanti, cittadine e cittadini democratici, hanno votato Si perché incerti o preoccupati per il futuro.
Pensiamo che questo nostro proposito possa facilitare l'obiettivo comune di uno sbocco politico innovativo e democratico alla crisi sociale e politica dell'Italia.
Una crisi sociale ed economica dai molti volti che si esprime con la disoccupazione di massa o con la precarietà del lavoro particolarmente intollerabile tra i giovani, le donne, ma non solo, che emargina e divarica ulteriormente le disuguaglianze territoriali tra ambiti e regioni più o meno sviluppate, a cominciare dal Mezzogiorno d'Italia, ma non solo.
L'insieme dell'apparato produttivo italiano è in larga misura riflesso della crisi: solo una parte, minoritaria (circa 1/3 dell'insieme) ancorché significativa, delle imprese è dinamica e concorrenziale per i beni o i servizi che produce. Da questa vengono segnali di ripresa e di sviluppo. L'altra parte, quella maggioritaria, sopravvissuta alla grande crisi finanziaria internazionale esplosa negli anni 2008/2010 e nei cui postumi stiamo ancora dentro, tira avanti con difficoltà e quasi sempre senza adeguata innovazione di processo o di prodotto. Una fetta considerevole invece, circa il 15/20% delle piccole e medie imprese, non ha retto alla grande crisi ed è sparita.
Su tutti su questi aspetti di crisi strutturale pesa, essendone al contempo causa ed effetto, l'aggravamento e l'esasperazione delle disuguaglianze sociali. Fenomeno non solo italiano che si rileva in molta parte del pianeta, ma che in Italia fa tutt'uno con la fragilità e le debolezze sociali ed economiche del Paese: chi è già ricco può diventare e diventa ancora più ricco, soprattutto con le rendite finanziarie, mentre tutti gli altri stanno fermi o arretrano nella povertà.
Come si vede i problemi e le difficoltà non ci mancano. E' vero che gli italiani hanno risorse, inventiva e pregi che sanno mettere in gioco, quando la politica li aiuta, e sanno affrontare bene sfide anche assai difficili.
Ma occorre che la politica dia il suo meglio, che aiuti le potenzialità positive a prevalere in ogni situazione. Che non scappi di fronte ai suoi doveri ed alle proprie responsabilità.
Che senso ha oggi, dato che un governo c'è ed ha la fiducia delle Camere, questa rincorsa al voto anticipato, "prima è meglio è"? Come se Governo e Parlamento nulla avessero da fare o in agenda; come se gli italiani non avessero né le devastazioni del terremoto né problemi antichi e nuovi che occorre affrontare governando.
L'anno passato, il 2016, è trascorso per il PD, dall'inizio alla fine, con la priorità politica -su tutto- di vincere il referendum costituzionale che secondo alcuni avrebbe dovuto segnare l'inizio di una nuova epoca della storia nazionale. Il suo esito ha invece, più modestamente, chiuso una fase politica.
Oggi, con la rincorsa sconsiderata alle elezioni anticipate anche il 2017 sarebbe l'anno in cui la priorità -su tutto- sarebbe quella del responso elettorale. Quasi due anni buttati o quantomeno subordinati ad altri obiettivi, fondamentalmente legati alle visioni e alle ambizioni politiche di un segretario che dall'ultimo risultato elettorale è uscito "ammaccato". Parola sua.
In realtà è dalle elezioni europee di tre anni fa che il PD non vince più perché dopo di allora il PD non è più unito e non ha voluto prendere atto che larga parte del suo elettorato esprime la sua critica con l'astensione o col voto contrario.
Allo stato attuale delle cose non prevale ancora nel PD la consapevolezza della necessità di una svolta di indirizzi, di contenuti ed anche, necessariamente, di guida politica.
Con ciò si rischia non solo di andare a sbattere ancora più duramente, ma soprattutto di scaricare sugli italiani il protrarsi di una crisi che viene da lontano.
Riflesso locale di questa difficile situazione è che il PD, a pochissimi mesi dal voto amministrativo di primavera, ancora non è in grado di dire come e con chi si presenterà all'imminente elezione riguardante il Comune capoluogo.
Passano giorni, settimane senza un indirizzo concreto e soprattutto senza alcuna iniziativa reale.
Parole, frasi se ne sentono e se ne leggono, anche di inconcludenti e perfino sciagurate, senza che a ciò comunque corrispondano fatti e riscontri politici.
Non si riesce neppure, dopo lunghi mesi di assenza, a dare una guida alla stessa Unione Comunale del PD che ha titolo per svolgere un ruolo fondamentale nella predisposizione di questo appuntamento elettorale. In ultimo è apparso un documento-appello di un gruppo di iscritti ed elettori del PD i quali pongono l'urgenza di un chiaro indirizzo di discontinuità rispetto al concluso ciclo amministrativo. Vedremo chi saprà raccoglierlo ed arricchirlo di contenuti in un confronto ampio con la città.
Ciò che oggi riteniamo insostenibile ed allarmante è il grave ritardo di fatti, indicazioni, obiettivi con cui parlare e su cui coinvolgere i cittadini della Spezia, personalità democratiche, forze sociali e civiche, partiti politici di sinistra, per tessere un rapporto tra pari, per sviluppare un confronto aperto a decisioni comuni, per costruire assieme il prossimo governo della città.
Siamo a metà Febbraio. Fra tre mesi o poco più si vota. Sarebbe necessario non perdere altro tempo".