Alla notizia dell’avvio della maxi inchiesta che ha coinvolto anche il governatore Toti e il suo capo di gabinetto Cozzani, il presidente della commissione regionale Antimafia della Liguria Roberto Centi aveva definito la situazione “di una gravità assoluta per i capi d’accusa emersi dal lavoro d’indagine della procura. Un sistema di potere consolidato nel tempo e oliato da un continuo ricorso a tangenti e finanziamenti illeciti. Ancora più grave è il coinvolgimento della mafia siciliana nelle indagini, che dimostra come la Liguria non sia solo terra di ‘ndrangheta ma anche di altre mafie, come la Camorra e Cosa Nostra. Su questo aspetto serve subito chiarezza per far emergere eventuali legami tra la politica e la criminalità organizzata”.
Centi aveva in quell’occasione sottolineato che nessuno è colpevole fino al terzo grado di giudizio, ma aveva anche espresso preoccupazione per l’indagine che vede il coinvolgimento della mafia siciliana.
Secondo l’inchiesta, aveva spiegato Centi, la Procura della Repubblica contesta a Matteo Cozzani il reato di corruzione elettorale, in concorso con Italo Maurizio Testa e Arturo Angelo Testa, appartenenti alla comunità riesina di Genova, in quanto avrebbero promesso posti di lavoro e il cambio di un alloggio di edilizia popolare in cambio di voti per la lista del presidente Toti. Inoltre, contestata anche l’aggravante di aver commesso il reato anche per agevolare l’attività del clan Cammarata del Mandamento di Riesi con proiezione nella città di Genova.
Centi ha spiegato anche che numerose audizioni condotte in questi anni avevano fatto emergere indicazioni su un ruolo non marginale di Cosa Nostra in Liguria, dimostrato anche da alcuni fatti, quali l’indagine recente condotta nel palermitano sul ‘re dei surgelati’ Vetrano. “L’indagine dimostra quanto andiamo ripetendo da tempo: gli interessi della criminalità organizzata sono sempre più portati avanti dai cosiddetti ‘colletti bianchi’, imprenditori e talvolta anche politici, perfettamente inseriti nel sistema economico e di potere della nostra Regione. Questa è la realtà, e su questa realtà dobbiamo costruire gli anticorpi per saper riconoscere e debellare il fenomeno».
Centi, contattato dalla Redazione di Gazzetta della Spezia, ha commentato anche la vicenda che interessa l’Isola Palmaria: “La situazione che interessa la Palmaria è stata più volte affrontata attraverso il meritorio ricorso delle associazioni ambientaliste, dei comitati e devo dire anche con una continua presentazione di interrogazioni da parte nostra, quali quella sullo stabilimento della Palmaria, sulla scuola “Ravecca” di Porto Venere e sulla gestione da parte del Comune del Parco, che di fatto ha perso ogni funzione, essendo totalmente nelle mani del sindaco”.
“Praticamente a Porto Venere sono state modificate e stressate fino all'estremo norme precise di urbanistica - aggiunge Centi - anche modificando a vantaggio di persone singole o aziende appalti per cui si è creato la commistione pericolosa e dannosa per la comunità tra l'Amministrazione comunale, i proprietari del Grand Hotel Porto Venere, i fratelli Paletti. Abbiamo assistito allo scempio dell'edificazione del nuovo stabilimento balneare in località Carlo Alberto al posto di una casa in pietra prima esistente che è stata demolita. Abbiamo assistito anche all'uso improprio di beni pubblici, e questo sarebbe stato l'antipasto a mio avviso di quello che potrebbe accadere in merito al Masterplan, una concezione del territorio che, sebbene siamo favorevoli ad una sistemazione della Palmaria nel rispetto della natura, ristrutturando anche gli edifici esistenti, di fatto viola completamente l'area di interesse e le norme del Parco” conclude Centi.