Dopo settimane di polemiche alimentate da certa sinistra sul patrimonio comune dell'antifascismo e della resistenza, che senso hanno i fischi in piazza a Marco Bucci e al sottoscritto? Quei fischi mettono a nudo le contraddizioni di una sinistra che pretende di fare analisi del sangue e processi sommari sulla democraticità altrui ma non sulla propria. E che, al netto degli appelli di maniera, non è disponibile a dividere e condividere quello che ritiene sua proprietà esclusiva, ovvero il 25 aprile. Eppure proprio a Genova la sinistra dovrebbe ben sapere che la guerra di Liberazione fu patrimonio di tante, tutte le culture democratiche del Paese: popolari, azionisti, socialisti, socialdemocratici, monarchici, liberali, e potrei andare avanti. Proprio per questo nel mio discorso in piazza ho voluto citare Nilde Lotti, che parlando della Resistenza sottolineava come questa "aveva realizzato una unità veramente eccezionale che andava dagli ufficiali badogliani agli operai comunisti".
E mi preme sottolineare anche che il 25 aprile in piazza sia io che il sindaco non abbiamo avuto alcuna timidezza nei richiami all'antifascismo ed entrambi, a scanso di equivoci, abbiamo rappresentato le solide culture democratiche da cui proveniamo. Dal richiamo alla diversità delle vittime, al differente valore del sacrificio fino alla Resistenza come elemento fondante della Repubblica Italiana, e così via.
Eppure... eppure i fischi sono arrivati lo stesso. E mi sono chiesto: perché io, che ho avuto un bisnonno deputato del Partito Popolare alla Costituente, una tessera del movimento giovanile socialista prima dei 18 anni, dovrei sentirmi a disagio in una piazza, molto più mia per tradizione e cultura, di chi evidentemente ha dimostrato con il suo rumoreggiare di non comprendere i suoi valori democratici? Perché il sindaco Bucci, un boy-scout cresciuto nella America liberale, quella America peraltro che tanta parte ha avuto nella nostra Liberazione, dovrebbe essere portatore di una cultura estranea a quella piazza? Allora, mentre si invoca il 25 aprile come elemento di unità, c'è chi continua ad abusare di quella piazza per attaccare l'avversario politico. E non è questa la negazione del 25 aprile stesso? Non è contraddire l'appello a riconoscersi tutti nella Costituzione, prima di dividersi nella democratica contesa politica?
Mi piacerebbe quindi sapere dai tanti soloni che hanno versato fiumi di inchiostro se quei fischi alle istituzioni democratiche elette dai cittadini sono la rappresentazione della città Medaglia d'oro alla Resistenza. E se non si può certo impedire a qualcuno di fischiare, più rumoroso dei fischi è il silenzio di chi quelle istituzioni dovrebbe difenderle, anche se non sono della sua parte politica. Anzi, a maggior ragione.
Su questo non ho letto alcuna nota di condanna e una totale indifferenza rispetto a un gesto che a parti inverse avrebbe fatto gridare allo scandalo. Ma qui subentra il doppiopesismo, modello di vita di una certa sinistra (e dei relativi megafoni mediatici): se il caso riguarda gli avversari, attacca, se riguarda i propri ambienti, sorvola, forte della perenne convinzione che ci siano dei migliori, sempre a sinistra, e dei peggiori, ovviamente a destra. Forse perché qualcuno ritiene che il 25 aprile sia solo per chi vota da una parte e non dall'altra. Il contrario del Fascismo infatti non è il comunismo ma la democrazia ed essere antifascisti significa essere democratici e la democrazia, se permettete, non è solo di sinistra ma anche di destra e di centro. Non si può pretendere di costruire una nuova Unità nazionale senza riconoscere a tutti il diritto (e il dovere) di parteciparvi. Tra tanti richiami al dopo guerra bisogna sempre ricordare che le divisioni da cui nasce la Costituzione Italiana, che quest'anno festeggia i suoi 75 anni, furono molto più profonde e dolorose di quelle di oggi. Sei Padri costituenti riuscirono a dare una Carta come la nostra significa che essi furono capaci di tolleranza e comprensione reciproche straordinarie. Quelle che sarebbero necessarie all'Italia di oggi.
Giovanni Toti
Presidente Regione Liguria