Si infittisce sempre più la trama che porta all’elezione del nuovo presidente di Fondazione Carispezia, che dovrà essere nominato entro 30 giorni dall’insediamento del nuovo consiglio d’indirizzo (nominato due settimane fa), quindi necessariamente entro la fine di giugno.
Gazzetta della Spezia aveva raccontato le grandi manovre in corso, con il nome della notaia Claudia Ceroni in pole position per sostituire Matteo Melley al termine della sua lunga presidenza, ma ora il quadro, nonostante l’imminenza della nomina, sembra nuovamente in evoluzione.
Dopo il recente parere del ministero dell’Economia, che di fatto stoppava la nomina del presidente di Carispezia Andrea Corradino per incompatibilità, il profilo di Ceroni sembrava traguardare un accordo che vedeva un’ampia convergenza tra gli ambienti influenti che reggono le sorti della Fondazione.
Ma è proprio a questo punto che un nuovo tassello si è aggiunto a complicare la vicenda: da giorni, infatti, si fa sempre più concreta la possibilità che dal giugno 2020 il nuovo presidente possa lasciare il posto all’avvocato Corradino, che fra un anno non sarebbe più incompatibile per la transizione da Banca Carispezia in Fondazione, in una sorta di staffetta già stabilita ai blocchi di partenza. Una voce che circola insistentemente da più parti negli ultimi giorni, confermata dagli addetti ai lavori.
A prima vista potrebbe apparire uno scenario fantapolitico. In fin dei conti si tratta pur sempre di un retroscena (seppur indicato da diverse fonti in modo concorde), ma se lo schema “Ceroni-Corradino” dovesse trovare effettiva conferma, avrebbe l’effetto di svalutare il ruolo dei neoeletti consiglieri, chiamati a proseguire l’eredità del lungo ‘regno’ di Matteo Melley. Per non parlare del nuovo presidente, che si porterebbe dietro un’inusuale data di scadenza.
Negli ambienti vicini alla Fondazione ci si chiede anche come sarebbe possibile nominare presidente Corradino, che non fa parte del consiglio d’indirizzo, in seno al quale, per statuto, deve essere “pescato” il presidente. Un’ipotesi sarebbe quella delle dimissioni del professore ottuagenario Carlo Lupi, attuale consigliere, che così lascerebbe il suo posto all’avvocato.
I bene informati, rigorosamente in camera caritatis e chiedendo di rimanere anonimi, confermano che un quadro del genere potrebbe non essere poi così lontano dalla realtà.
“Mi piacerebbe che il nuovo consiglio potesse votare un presidente con un mandato pieno e non a termine - si è sfogato un consigliere - Sarebbe uno sfregio all'istituzione affidare la responsabilità di un soggetto così importante per il territorio attraverso un incarico temporaneo. In più ci tengo a dire che non siamo burattini: mi auguro venga fatta una scelta rigorosa per una guida autorevole e duratura della Fondazione. Chi parla di accordi, scambi, inciuci fuori dal consiglio vuole solo gettare fango: scenari come quello che vedrebbe il nuovo presidente dimissionario già nel 2020 per assecondare una nomina già cassata dal Mef, sarebbero a dir poco gravi per un’entità che necessita di grande autorevolezza come la Fondazione”.
E intanto, mentre impazza la solita ridda di voci e nomi, emerge anche la figura del 55enne Vittorio Graziani, titolare della concessionaria Simauto, vicepresidente di Confcommercio e consigliere riconfermato, come possibile traghettatore in caso di un forfait da parte di Claudia Ceroni, che recentemente avrebbe espresso diverse titubanze sul suo eventuale nuovo ruolo da presidente.