L’Appc avrebbe preferito poter intervenire per apprezzare l’operato del Primo Cittadino, ma le dichiarazioni rese alla stampa sul comunicato Appc ci sono apparse immotivate, di basso livello, con caduta di stile, oltre il verificare quanto “le bugie abbiano le gambe corte”.
E’ doveroso precisare che, a fine gennaio, l’Appc ha sottoscritto, congiuntamente alle organizzazioni della proprietà e dei conduttori, una comunicazione, che esprimeva preoccupazione sulla possibilità di “palesati “aumenti dell’Imu, con particolare riferimento agli immobili affittati a canone concordato.
Ne è seguita, da parte del Sindaco, la convocazione di tutte le organizzazioni della proprietà e dei conduttori ad un tavolo di confronto. In quella sede l’Appc è stata efficacemente rappresentata: è falsa, quindi, l’affermazione che “l’Appc non abbia mai voluto partecipare”.
Quanto alla successiva (ed ultima) convocazione (in tutto due), preceduta da una nota giustificativa Appc, veniva esplicitata e motivata, in forma pacata e tranquilla, la contrarietà all’aumento dell’IMU sui contratti di locazione a canone concordato:
“- i contratti agevolati hanno costituito e costituiscono uno strumento calmierante in campo locativo, contribuendo a risolvere molte emergenze immettendo sul mercato della locazione un numero considerevole di immobili tenuti prima sfitti, esercitando anche quella leva sociale che, nel nostro territorio, ha contribuito a disinnescare il disagio abitativo, visto che i soggetti, che si rivolgono a questo canale, non hanno risorse economiche sufficienti per poter accedere agli affitti a canone libero.
- Anzi, questo canale ha consentito alle fasce più deboli il reperimento di una casa, laddove l’Ente locale non vi ha potuto fare fronte, causa la carenza, o l’indisponibilità di immobili di edilizia popolare e di edilizia convenzionata, che non sono più sufficienti alle esigenze delle famiglie spezzine, che richiedono un alloggio in affitto.
- Da non sottovalutare che, laddove il canale perdesse competitività, si potrebbe avere l’instaurarsi del dominio dell’opzione turistica, nei confronti del residenziale.
- E’ da rilevare, come, nel nostro Comune, il contratto a canone agevolato abbia, nella sua peculiarità, concorso alla diminuzione degli sfratti per finita locazione e per morosità.
- Concludendo, l’aumento dell’Imu sui canoni concordati potrebbe contribuire a fare diventare, di nuovo, esplosiva la condizione del disagio abitativo, riportandoci agli anni duemila: siamo certi che questa amministrazione non vorrà innescare nuove tensioni, trascinate da un aumento dell’Imu su questo canale.”
Il capo di gabinetto, ringraziando per la comunicazione dichiarava che “l’amministrazione ha ben presente quali sono stati gli effetti positivi che l’introduzione e l’utilizzo dei canoni di locazione concordati hanno portato sul mercato della locazione, a livello locale”, e, pur tuttavia,“per ragioni legate all’equilibrio dei conti pubblici che interessano tutta la collettività”, riferisce come la nuova aliquota da introdurre non possa incidere sulla competitività di questo strumento, come se il disagio abitativo non riguardasse l’intera collettività.
Precisando, al primo incontro, giustificate dalle preannunciate esigenze di bilancio, l’amministrazione comunale proponeva due aliquote: una al 6 per mille, l’altra al 9,6 per mille, qualora non fosse accettata la prima. Nonostante gli sforzi praticati successivamente dal rappresentante delle organizzazioni della proprietà, a cui va il merito di averci almeno provato, non ci sono state alternative per ottenere un’aliquota inferiore al 6 per mille. Inutile arrovellarsi nel dire che l’aliquota è bassa e che sarà applicata nella misura ridotta al 75% per precedente legge di stabilità, (anche l’aliquota vigente del 4,6 per mille veniva ridotta al 75% per la stessa legge), o parlare in politichese di semplice rimodulazione degli sgravi, che, in pratica, è fissare un’aliquota che passa dall’attuale 4,6 al 6 per mille, che tradotta in linguaggio corrente suona come chiaro aumento dell’aliquota Imu sugli appartamenti affittati a canone concordato, e si manifesta in euro sonanti che escono dalle tasche del piccolo proprietario.
Visto che siamo ancora in democrazia, l’Appc è libera di non condividere la proposta dell’amministrazione comunale e tanto meno di condividere l’accettazione fatta da altre organizzazioni, in quanto tale decisione non va certo nell’interesse degli associati. Doveroso rilevare che al tavolo, che ha portato alla cosiddetta rimodulazione degli sgravi fiscali, (ora l’aumento si chiama rimodulazione!) determinando l’aliquota al 6 per mille, con le associazioni della proprietà erano partecipi anche le organizzazioni dell’inquilinato: Sunia, Sicet, Uniat, Ui che non hanno sottoscritto l’accordo, ma questo al Sindaco non conveniva citarlo. Sconsolante prendere atto della labilità della memoria, se viene dimenticato che ad “abbaiare alla luna”, (a parte che la luna suscita ben altre emozioni), l’Appc si sia trovata in compagnia di tutto il comparto delle organizzazioni dei conduttori.
Ora l’Appc se, nel difendere la piccola proprietà, “abbaia” continuerà a farlo, ma non diretta alla luna, ma alla “Giunta”, che affossa quella parte di settore che cominciava ad uscire dal tunnel.
Per gli appartamenti, affittati a canone concordato, quindi, all’espressione rimodulazione, leggasi aliquota al rialzo; convenzioni per la fornitura del gas ed energia elettrica non incantano i cittadini, né tacitano l’Appc, consapevole che il piccolo proprietario dovrà sborsare di più per onorare l’IMU sul canale concordato. Demonizzare un’organizzazione come l’Appc che, da oltre 45 anni, fonda la sua storia “sulla difesa della piccola proprietà” non appagherà.
Flavio Maccione
Segretario generale nazionale Appc - Associazione Piccoli Proprietari Case