Spumante batte Champagne 10 a 1
Per le bollicine italiane, insomma, una vittoria “senza se e senza ma”. La stima è del Centro studi CNA nell’indagine di fine anno. Un risultato ancora migliore dell’anno scorso, quando il rapporto si era fermato sul 9 a 1. Frutto della ripresa dell’economia, sia pur fragile, destinata a segnare una crescita del 4% delle bollicine vendute nel lungo arco delle festività di dicembre-gennaio, partite con il ponte dell’Immacolata, passate per il Natale e con ancora di fronte l’evento clou per questo consumo – la notte che saluta il 2017 e dà il benvenuto al 2018 – e l’Epifania, “che tutte le feste porta via” ma non porta via la voglia di brindare, sia pure con gusto e moderazione. In un Paese che non è tornato ai livelli di mercato pre-crisi ma che, nel consumo di vini spumanti nazionali, ci si sta avvicinando costantemente.
Novantacinque milioni di bottiglie, 750 milioni di euro
Novantacinque milioni di bottiglie il consumo totale di spumante italiano previsto nelle festività. Con una impennata nei tre giorni precedenti il Natale (11 milioni), il picco intorno a Capodanno (38 milioni) e circa 4 milioni all’Epifania. Una vendita destinata a non scendere mai al di sotto dei due milioni di bottiglie al giorno. A prevederlo l’Ovse (Osservatorio vini spumanti effervescenti), il primo centro italiano di ricerche economiche sul comparto, nato nel ’91. La spesa complessiva dovrebbe aggirarsi, tra consumi casalinghi e nei locali pubblici, intorno ai 750 milioni di euro.
Dall’enoteca ai locali pubblici
Il mercato quest’anno segna la riscoperta dei negozi specializzati: nelle enoteche le vendite dovrebbero risultare in crescita del 20% sull’anno scorso, in linea con l’andamento complessivo dei vini. Motivo principale? Il ritorno alle bollicine degli ultra 50enni, che sembrano aver sostituito i più giovani al vertice della classifica degli acquirenti e privilegiano le enoteche rispetto alla grande distribuzione e alla Rete. Predominante, però, risulta il consumo fuori casa: nei locali pubblici (in particolare la sera di San Silvestro) e come oggetto da regalo, soprattutto come presente passe-partout se invitati in case altrui.
Un traino di nome Prosecco
Il boom di bollicine italiane nelle festività natalizie è sotto l’egida del Prosecco con ben 60 milioni di bottiglie vendute. Un prodotto alle prese con il crescente successo, che gli ha procurato, però, due nemici: la contraffazione e la concorrenza sleale, soprattutto su mercati esteri importanti. E’ il caso del Regno Unito, dove il Prosecco è lo spumante preferito e dove vengono diffuse pericolose fake news (“Il Prosecco fa male ai denti”) contro le quali combattono come possono i consorzi di tutela, i produttori e le loro associazioni.
La dittatura del gusto secco
Il Prosecco è diventato la bollicina simbolo delle festività natalizie, ma non l’unica. Lo accompagnano sul podio Franciacorta e Trentodoc, a dimostrazione della marcata supremazia nelle vendite del gusto secco, sempre più apprezzato dagli italiani, che hanno ormai girato le spalle ai sapori dolci. Come dimostra la crisi dell’Asti Spumante (tra le bollicine più note quello che rimarca il segno meno di fronte alle vendite) che cerca di agganciare la tendenza positiva progettando una versione secca, sia pur destinata a conservare la caratteristica carica di florealità e di aromaticità.
La sfida dell’export
Le festività costituiscono l’occasione anche per affermarsi oltre confine. Nei primi sei mesi dell’anno l’export di spumanti italiani è aumentato del 14,6%, con la locomotiva del Prosecco (+17%), per un valore superiore ai 572 milioni. Un andamento nettamente migliore di quello medio della produzione vinicola italiana che quest’anno dovrebbe archiviare una crescita tra il 4 e il 5% per un controvalore poco sotto i 5 miliardi di euro. Con la probabile nota positiva proprio degli spumanti. In linea, di conseguenza, con il 2016: l’anno scorso gli spumanti italiani hanno primeggiato nella classifica dell’export dei prodotti europei con 335 milioni di litri esportati, davanti a Francia (172 milioni) e Spagna (168 milioni).