Il dovere di curare e tutelare la salute di tutti non può prescindere dal dovere di non distruggere in pochi mesi quello che ci vorranno vent’anni per ricostruire
Il rallentamento della vita sociale ed economica consente, e forse comporta, una riflessione sulle troppe e spesso contrastanti valutazioni e previsioni proposte da scienziati di chiara fama.
Abbiamo precedenti e, senza tornare alla “spagnola” del 1918, ricordiamo l' ”asiatica” del 1968 che mise a letto 13 milioni di italiani e ne favorì il trapasso per 5mila. All'epoca non ci furono misure efficaci di contenimento che, invece, sono state messe in campo contro l’epidemia COVID19 e che dovrebbero dare il miglior risultato possibile. Lasciando dunque a scienziati, virologi, infettivologi, epidemiologi, e quanti abbiano competenze specifiche, analisi, previsioni e indicazioni sanitarie, stringendoci a medici, infermieri e volontari in trincea e sostenendo quanti tengono in attività il sistema produttivo e logistico, credo sia importante affrontare con il massimo di razionalità possibile la crisi economica e produttiva che si prospetta. Perché deve essere chiaro a tutti – e questi giorni lo dimostrano – che la buona sanità si sostiene con le risorse di una economia forte.
Occorre dunque muoversi secondo logiche razionali, prescindendo da ipocrisie e demagogie, stabilendo priorità funzionali a mantenere in vita l'economia del Paese, evitando la perdita di capacità produttiva come è accaduto nella crisi del 2008.
La politica deve avere la capacità di scegliere tra bisogni infiniti e risorse limitate.
Non si può creare l'illusione che nuovo debito pubblico rivolto a soddisfare le domande più disparate, in gran parte legittime, ci garantiscano il futuro. Il pericolo reale è che ci garantiscano solo un aumento del servizio del debito!
Va anche considerato che il forte rallentamento delle attività economiche comporterà una riduzione del gettito fiscale impoverendo le già scarse e sempre insufficienti risorse pubbliche disponibili.
E' un compito improbo quello che si trova a gestire il governo, chiamato a compiere scelte e a prendere decisioni che devono guardare all'oggi senza compromettere irrimediabilmente il domani.
Sono stati compiuti errori di comunicazione che hanno indotto inizialmente l'opinione pubblica a sottovalutare il pericolo inducendo comportamenti non responsabili, ma ormai è cosa fatta.
Oggi sembra diffuso il convincimento sulla necessità di ottemperare alle disposizioni governative per cui sarebbe opportuno che il senso di responsabilità prevalesse sull'ansia di protagonismo, retaggio di una malintesa interpretazione della democrazia. L'individualismo dovrebbe lasciare spazio a comportamenti consapevoli che la pandemia potrà durare settimane o mesi ma poi sarà necessario ricostruire, e più si demolisce oggi più sarà difficile il domani.
E’ indiscutibile che si deve privilegiare il dovere come strumento per tentare di tutelare il diritto di tutti alla salute sapendo che è reso incerto nonostante i progressi scientifici e le disposizioni governative. Come deve essere ben chiaro il dovere come strumento per non distruggere in pochi mesi quello che ci vorranno vent’anni per ricostruire.
Giorgio Bucchioni
Presidente dell’Associazione Agenti Marittima del Porto della Spezia