La colpa si può trasmettere di padre in figlio? Se lo chiede Alessandro Zaccuri in un romanzo essenziale e efferato che attraverso una scrittura breve, spedita e secca traccia una parabola tesa fra l'ineluttabilità del destino e lo spiraglio del libero arbitrio. Con "Lo spregio" prosegue la personale riflessione dell'autore sul difficile rapporto tra padri e figli, già avviata in alcuni romanzi precedenti ("Il signor figlio", Premio Selezione Campiello, e "Dopo il miracolo").
Siamo negli anni Novanta, tra i monti al confine con la Svizzera. Franco Morelli detto il Moro ha ereditato dal padre la Trattoria dell'Angelo, e la fa fruttare come si deve: ma i soldi, quelli veri, li guadagna trafficando con prostitute e spalloni - e forse grazie ad altri affari ancora più oscuri e pericolosi. È un uomo chiuso, determinato: del tutto amorale. Ha un figlio - in realtà un trovatello, ma nessuno lo sa - che lo adora come un dio; e una moglie timida e servile - la cuoca - che gli serve solo per giustificare al mondo l'esistenza del piccolo Angelo. Ma Angelo, crescendo, scopre che cos'è in realtà suo padre; e anziché ripudiarlo decide di voler essere come lui, più di lui. Si lega d'amicizia con Salvo, rampollo spendaccione - ma non sciocco - di una famiglia del Sud in soggiorno obbligato. Ben presto però anche questa amicizia diventa competizione, e Angelo commette l'errore fatale: vuole essere come il suo amico Salvo, di più del suo amico Salvo.
Un romanzo da leggere tutto d'un fiato, che tra rimandi biblici e consonanze con la tragedia greca sonda gli abissi della colpa, trasmessa come il sangue del proprio sangue di generazione in generazione, approdando al sacrificio necessario – ma forse anch'esso insufficiente – per l'espiazione.
Nel numero del 20 gennaio 2017 di "Sette", il magazine del Corriere della Sera, il critico letterario Antonio D'Orrico scrive: «Tanto per capirsi, dei vincitori degli ultimi premi Strega nessuno vale quanto lui [...]. "Lo spregio", questo breve grande romanzo, mi ha svelato la verità su Zaccuri. E non è una di quelle verità che si tiene in tasca comodamente, ma una verità dura, sofferta. Penso che se Simenon avesse potuto leggere "Lo spregio", alla fine avrebbe alzato la cornetta del telefono e chiamato l'autore per fargli i complimenti».
Alessandro Zaccuri è nato alla Spezia nel 1963. Vive a Milano, dove lavora come giornalista del quotidiano "Avvenire". Ha pubblicato saggi sul cinema ("Citazioni pericolose: il cinema come critica letteraria", Fazi 2000), sull'immaginario cristiano ("In terra sconsacrata", Bompiani 2008) e su quello moderno ("Non è tutto da buttare", La Scuola 2016), nonché tre romanzi: "Il signor figlio", Mondadori 2007 (Premio Selezione Campiello); "Infinita notte", Mondadori 2009; "Dopo il miracolo", Mondadori 2012.
Gabriele Dadati (Piacenza, 1982) è uno scrittore, editor, insegnante di scrittura e collaboratore di testate. Ha pubblicato "Sorvegliato dai fantasmi" (peQuod, 2006; Barbera, 2008), finalista come Libro dell'anno per Fahrenheit di Radio 3 Rai, "Il libro nero del mondo" (Gaffi, 2009), "Piccolo testamento" (Laurana Editore, 2012, presentato al Premio Strega 2012).
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