Due artisti uno italiano ed uno cinese, due formazioni artisticamente e culturalmente diverse, due generazioni tra loro lontane.
Di ambedue, poco più che ventenni, si documentano, in questa mostra al Castello di Porto Venere, come denominatore comune, gli esiti della tensione creativa che appartiene ad una stagione della giovinezza ribelle per ogni generazione di artisti, assai spesso animata dal progetto di trasformazione e di rinnovamento della vita e dei linguaggi stessi che la simboleggiano.
Di Vaccarone le poesie visive ed il collages degli anni Sessanta; le opere che esponeva nel 1965 alla Carabaga di Genova alla prima mostra italiana della "poesia visiva" con autori come Bonito Oliva, Balestrini, Bueno, Isgrò, Jri Kolar, Miccini e Pignotti ed altri ; documenti di una stagione che lo vedeva impegnato nelle battaglie politiche e culturali dell'avanguardia sperimentale con il Gruppo Studio di Genova e con il Gruppo 63 di cui animò nella sua città, La Spezia, un memorabile convegno aperto da Umberto Eco nel 1966.
In una diversa temperatura storica e culturale anche Gong Chen dirige oggi le sue attenzioni creative al superamento delle categorie percettive e di pensiero determinate non tanto dalla tradizione quanto dall'innovazione continua della tecnica e dell'informazione che soffoca questo nostro mondo ed i suoi archetipi junghianamente intesi per lasciare spazio alle censure politiche praticate tecnologicamente dal suo stesso paese di origine su personaggi ed eventi sensibili a cui il giovane artista rende omaggio con il suo lavoro "I nomi che non esistono".
Nei due autori il sistema dei codici linguistici disumanizzanti ed alienanti viene combattuto e minato con la forza della poesia che è per sua natura liberatoria e disvelante.