L’Avvento è tempo di attesa, di ascolto, di preparazione e di responsabilità fattiva. È tempo di accoglienza e di silenzio. Non è un percorso senza meta, né una semplice preparazione sentimentale verso la celebrazione del Natale. Nel Signore Gesù ci è rivelato il senso profondo dell’uomo, delle sue relazioni, del suo vivere e interagire con il creato, del suo rapporto con Dio. È Lui che stiamo attendendo ed è Lui che vogliamo accogliere. Anche nei gesti e nei segni siamo chiamati a ravvivare e manifestare la nostra fede in Lui. Il Signore è venuto nella storia, facendosi uomo nel grembo della Vergine Maria. Verrà nella luce della sua gloria alla fine dei tempi.
Ma oggi non è assente. Egli si manifesta nella sua parola, nei segni che ha lasciato alla sua chiesa, nei fratelli che bussano alle nostre porte. Vivere l’Avvento non può dunque limitarsi allo scorrere dei giorni sul calendario in attesa del 25 dicembre. Ci viene chiesto, invece, di trovare nuovo slancio e tempo da dedicare alla Parola di Dio, in particolare all’approfondimento della conoscenza del Vangelo, all’esercizio della carità, alla preghiera semplice, autentica e perseverante, alla vita della comunità di fede, soprattutto nella celebrazione dell’Eucaristia.
Anche se non è principalmente tempo di conversione, come invece è la Quaresima, ciò non toglie che non vi debba essere spazio per una sincera e autentica riconciliazione sacramentale. Siamo infatti chiamati ad accogliere con animo pulito il Signore che viene. Siamo altresì chiamati ad annunziarlo a tutti perché da tutti possa essere atteso ed accolto nella gioia vera del Natale, nella memoria di «Gesù che è nato a Betlemme» (cf. Luca 2, 11.15) e che, risorto, «rimane con noi tutti i giorni fino alla fine del mondo» (cf. Matteo 28, 20).
In questi giorni, attorno a noi, l’atmosfera natalizia inizia a farsi sentire: le luci brillano, gli addobbi iniziano ad essere ben visibili. Però il rischio di festeggiare il Natale senza sapere di chi è questa nascita non è lontano. Infatti il Bambino Gesù, Maria e Giuseppe sono quasi praticamente scomparsi da ogni raffigurazione o riferimento natalizio. Fatto curioso ma evidente, quasi che tutto possa ridursi ad uno scenario fiabesco, popolato da vari animali, casette, fiocchi di neve, paesaggi incantati. Ma di Colui che è nato non v’è traccia. Eppure San Francesco, 800 anni fa, consapevole dell’importanza di questo avvenimento per tutta l’umanità, dava l’avvio al primo presepe di Greccio, raffigurando così il grande mistero di salvezza avvenuto a Betlemme.
Quest’anno, in occasione di questo grande ottavo centenario, mi rivolgo a tutti proponendo l’iniziativa del coordinamento ecclesiale dei Centenari Francescani, a fare “Un presepe in ogni casa”. A tale proposito ricordo quanto scritto da Papa Francesco nella lettera apostolica “Admirabile Signum”: «Comporre il presepe nelle nostre case ci aiuta a rivivere la storia che si è vissuta a Betlemme”. Naturalmente i Vangeli rimangono sempre la fonte che permette di conoscere e meditare quell’avvenimento; tuttavia la sua rappresentazione nel presepe aiuta ad immaginare le scene, stimola gli affetti, invita a sentirsi coinvolti nella storia della salvezza, contemporanei dell’evento che è vivo e attuale nei più diversi contesti storici e culturali». Sia questo un momento di riflessione e di gioia da vivere in ogni famiglia, e un segno attorno al quale riunirsi in preghiera per invocare dal Signore il dono della Pace.
Infine, come ogni anno, ricordo le iniziative proposte dalla Caritas diocesana per l’Avvento di Fraternità, alle quali si può aderire come gesto concreto di vicinanza e sostegno a fratelli più bisognosi: sostegno alle famiglie in difficoltà; progetti di accoglienza per i senza dimora; supporto ai giovani a rischio di esclusione sociale.
Nell’augurare a tutti un santo e sereno Natale di luce, di fede e di pace, invoco dal Signore la sua benedizione.
Luigi Ernesto Palletti, vescovo