Nella solennità del Santo Natale, l’annuncio dell’angelo ai pastori risuona ancora una volta anche per noi: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore» (Luca 2, 10-11). In quella notte di Betlemme, tali parole avevano suscitato il desiderio dell’andare a vedere questo grande evento. Così ce lo descrive il Vangelo di Luca: «I pastori dicevano l’un l’altro: “andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”» (Luca 2, 15). Lo stupore giunge alla sua pienezza quando, recatisi alla grotta, i pastori trovarono il bambino, proprio come era stato detto loro: «Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia» (Luca 2, 16).
Ogni anno anche noi siamo invitati a percorrere questo itinerario. Davanti al presepe veniamo richiamati a ricevere e riscoprire quella gioia, quello stupore che il mistero racchiude in sé. Il buio di quella notte è ormai rischiarato da questo evento decisivo per la nostra salvezza: il Figlio di Dio si è fatto uomo, è entrato nella nostra storia in un modo unico per permettere ad ogni uomo e ad ogni donna di entrare nel mistero di Dio.
Nel Natale non ci limitiamo semplicemente a far memoria di un evento passato ma, come Maria, siamo chiamati a custodire e meditare la Parola di Dio: «Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Luca 2, 19). L’ascolto, la gioia, lo stupore, devono essere i sentimenti che fioriscono nel nostro cuore e ci spingono ad un atteggiamento di gratitudine e adorazione a Dio che, come dirà poi l’apostolo Giovanni, «ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Giovanni 3, 16).
Se la grotta di Betlemme ci attrae e ci avvolge con la sua luce, non è per trattenerci, ma per inviarci a portare a tutti una buona notizia. La nostra speranza non è riposta su una effimera illusione, ma su un fatto concreto: Cristo è nato per noi. A questo deve richiamarci la visibilità del presepe: nel Signore Gesù, nella sua opera di salvezza che giungerà a pienezza nella Santa Pasqua, noi dobbiamo fondare la nostra speranza. Grati per un dono così grande, abbiamo però la responsabilità di portarlo ad ogni fratello e ad ogni sorella come annuncio di speranza nuova, proprio come già all’inizio, nella loro semplicità, avevano cominciato a fare i pastori: «dopo aver visto [il bambino], riferirono ciò che di lui era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori» (Luca 2, 17-18).
Anche nel nostro tempo la fatica e le difficoltà non mancano. Il periodo che viviamo è ancora segnato dalle criticità che, in modo particolare, ha provocato la pandemia. Molti però sono i segni che manifestano la volontà e l’impegno per favorire una ripresa, sia economica, sia delle relazioni fra le persone, di cui ognuno sente la necessità. Il Natale ci richiama con forza a vivere tutto questo, anche con gesti concreti di carità.
Concludo, pertanto, rivolgendo lo sguardo al futuro con rinnovata speranza.
A tutti assicuro un ricordo nella preghiera, mentre porgo i più sentiti auguri di un santo e sereno Natale.
Luigi Ernesto Palletti, vescovo diocesano