“Alisa ed i vertici della nostra Asl allo scoppio dell’epidemia hanno tardato ad installare i pre triage e soprattutto non hanno proceduto a separare i nostri due ospedali, destinando uno alle cure dei pazienti Covid e l’altro ai pazienti non Covid. Si è prodotta così una situazione di contagio diffuso, con rischi elevatissimi anche per tutto il personale medico e paramedico." Così Guido Melley, LeAli a Spezia, che continua: “Oggi vi sono reparti promiscui sia alla Spezia che a Sarzana che rappresentano il vero focolaio del contagio insieme alle RSA, lasciate anche queste senza un’azione di coordinamento e senza strumenti da parte delle stesse Autorità sanitarie.
Si possono ancora separare i due ospedali in Covid e non? Secondo medici e dirigenti sanitari esperti e competenti si può e si deve fare, senza ulteriori indugi.
Fatto salvo per i pazienti acuti che devono rimanere in terapia intensiva o in medicina d’urgenza per i casi di alta intensità, gli altri pazienti positivi di medio bassa intensità possono essere curati in modo dedicato al S. Bartolomeo di Sarzana: un ospedale che ha il pregio di essere una struttura a monoblocco (e non a padiglioni distanti e poco funzionali come il S. Andrea), dotata di una rianimazione autonoma e di servizi necessari come tra gli altri pneumologia e radiodiagnostica, oltre che di reparti e camerate libere ed utilizzabili rapidamente.
Occorre partire velocemente con un programma di allestimento a Sarzana dei reparti Covid (con personale ed apparecchiature), un piano per step di trasferimento dei pazienti, la sanificazione dei reparti lasciati liberi al S. Andrea e via di seguito.”
Conclude Melley: “Uscire dall’emergenza significa anche restituire agli ospedali la loro funzione di cura ed assistenza a tutti i malati, evitando a tutti i costi che durante i ricoveri si infettino le persone ed i medici e tutti gli operatori sanitari che, dal primo giorno, sono in prima linea con coraggio e spirito di sacrificio.
E basta con altri errori madornali, come quello di trasferire pazienti Covid non gravi al Don Gnocchi di Via Fontevivo, una struttura che ospita tuttora pazienti affetti da gravi patologie neuro cerebrali e per questo ancor più fragili e bisognosi di essere mantenuti in un ambiente sicuro e controllato.”