Da un passato, non lontano, in cui la differenziata era a percentuali ridotte, ad un presente che vede numeri ben più consistenti ma che, afferma l'Assessore regionale Giacomo Giampedrone, non bastano.
Bisogna, quindi, guardare ad un futuro di incremento della percentuale di rifiuti differenziati ma anche di miglioramento della loro gestione, una “sostenibilità” che sia certamente ambientale, ma anche economica.
L'Assessore ligure all'Ambiente ha tracciato, nel suo intervento al convegno “RISORSA RIFIUTO: strategie per una gestione virtuosa di una risorsa, i rifiuti”, il quadro di quella che era la situazione all'insediamento della Giunta Toti di cui fa parte, correva l'anno 2015, ed il quadro attuale, per poi parlare dei piani per il futuro.
“Nel 2015 il Presidente della Commissione bicamerale, l'onorevole Bratti, disse che la nostra regione aveva un sistema arcaico di gestione del ciclo dei rifiuti. Pariamo di una raccolta differenziata che si fermava al 38%.
Nel 2016 il Ministro Gian Luca Galletti aveva parlato di termovalorizzatore in Liguria. Noi cercammo il dialogo con il Governo perchè mancava un background culturale sul territorio, il territorio non era pronto, ma – aggiunge Giampedrone – questo non viene quasi mai ricordato".
“Oggi – ha proseguito l'Assessore – la differenziata ha numeri molto diversi e in particolare La Spezia è la provincia più virtuosa della Regione, ma dobbiamo chiudere il ciclo dei rifiuti. Abbiamo bisogno di fare in modo che la Liguria si sostenga da sola anche su questo fronte, mentre oggi siamo costretti a portare rifiuti in altre regioni. Non possiamo vivere in una continua situazione di emergenza. Anche perchè questo significa spese più alte”.
Giampedrone quindi disegna così il futuro della Liguria sul fronte della gestione dei rifiuti: “Per fare il salto di qualità servono gli impianti. Abbiamo bisogno di un biodigestore e di un sito di trattamento meccanico per ogni provincia”.
Ovviamente impossibile non parlare del biodigestore, tema caldissimo nello spezzino. Giampedrone affronta la questione in linea generale, sottolineando come la scelta del sito non spetti alla Regione, ma si rivolge poi direttamente alla platea, tra la quale ci sono anche alcuni esponenti dei Comitati No biodigestore a Saliceti: “Un biodigestore non è una centrale nucleare. Bisogna ascoltare il territoio e chi lo abita, raccogliere tutte le riflessioni e le possibili criticità, verificare tutto, ma voglio rassicurare che stiamo parlando di impianti che hanno tecnologia elevata e che tengono in considerazione il rispetto dell'ambiente. Ci sono altre soluzioni? Io quando sento parlare di compostaggio aerobico di comunità mi metto a piangere, non a ridere”.
Giampedrone introduce però anche una questione economica a vantaggio dei cittadini delle aree interessate: “Posti tutti questi elementi, ritengo che sia comunque giusto che i cittadini che vivono nelle zone che ospitano gli impianti abbiano un ristoro economico sulla tariffa dei rifiuti. Le Regioni stanno dialogando con Arera per arrivare a questo obiettivo".
Sottolinea l'importanza di distinguere tra la questione della necessità degli impianti e quella della loro localizzazione anche Gaudenzio Garavini, ex Amministratore Unico di ACAM e attualmente Consigliere di ReCos, società la cui firma è in calce al progetto per il biodigestore a Saliceti.
“Non si tratta di un impianto pionieristico, ce ne sono circa 200 in Italia. Bisogna fare attenzione e prendere in considerazione tutto, ma nessuna drammatizzazione. Stiamo portando avanti negoziazioni con i privati che hanno possedimenti nella zona interessata, perchè non ci devono essere abitazioni entro un determinato raggio”.
Poi va oltre e aggiunge: “Il biodigestore potrebbe anche essere una opportunita per mettere in sicurezza quel territorio”.