A distanza di oltre settanta anni dalle distruzioni della seconda guerra mondiale e dalle scellerate demolizioni e ricostruzioni degli anni cinquanta e sessanta del novecento, che hanno distrutto la gran parte del patrimonio architettonico della città della Spezia, si pensava che ci fosse una maggiore consapevolezza, da parte dei cittadini e soprattutto delle istituzioni, di dover tutelare le testimonianze rimaste della città antica. Ma una politica per niente attenta ai valori storici ed ambientali, la mancanza di interventi da parte di chi istituzionalmente doveva tutelare, le becere speculazioni di una classe imprenditoriale attenta solo al profitto ed infine anche spesso il disinteresse dei cittadini hanno portato ancor oggi nell’anno 2019 a dover lottare, nostro malgrado, contro interventi che portano alla cancellazione di alcune testimonianze rimaste nel centro storico della città.
Le distruzioni hanno purtroppo continuato oltre l’immediato dopoguerra; cito ad esempio il caso della cosiddetta “Casa del Sale” che sorgeva nei pressi dell’antica Porta Romana, oggi occupata da Piazza del Bastione, sopravvissuta alle distruzioni belliche e che venne demolita, come nel caso della casa torre, perché ritenuta fatiscente nonostante il parere contrario di esperti storici e cittadini.
Per non parlare poi dell’ultimo caso recente di spregio alla memoria storica della città avvenuto, per volere della passata Amministrazione Comunale e con il bene placido della Soprintendenza, con l’apertura di una porta (un vero e proprio falso architettonico a danno dell’integrità di un bene monumentale) che non esisteva nell’unico tratto di mura trecentesche rimasto che scende dal castello S. Giorgio. Leggendo l’articolo apparso sul Secolo XIX in data 7/5/2019 viene da pensare che pur cambiando le amministrazioni nulla cambia riguardo alla mancanza di attenzione e salvaguardia per il nostro patrimonio storico ed ambientale (vedi ad esempio il progetto di rifacimento della Scalinata della Cernaia); il Comune si manleva dalle proprie responsabilità dicendo che l’edificio di via Biassa è di proprietà privata e che spetta alla Soprintendenza dare eventuali prescrizioni, ma secondo il mio parere non può tirarsi fuori dalla questione in quanto in ogni caso ha autorizzato la demolizione di un edificio testimoniale.
Oggi l’edificio da anni abbandonato risulta interamente coperto da normali impalcature con barriera in basso in tavolato per arginare eventuali cadute di intonaco, se fosse veramente pericolante nelle murature perimetrali i vigili del fuoco avrebbero fatto chiudere il tratto prospiciente l’edificio di via Biassa o quantomeno imposto alla proprietà di realizzare una struttura reticolare con catene e contrafforti per rendere sicuro l’edificio dal crollo, come ad esempio abbiamo visto fare negli edifici dei centri storici delle zone terremotate. Nonostante le facciate risultino coperte dalle impalcature si intravedono sulla facciata che prospetta su via Biassa affiorare da sotto l’intonaco pietre angolari squadrate di arenaria di indubbia fattura antica, è difficile risalire all’epoca esatta della datazione dell’edificio ma sicuramente dovrebbe essere coevo se non più antico degli altri edifici che ancora oggi costituiscono quel tratto ancora esistente del carruggio che collega Via Prione con piazza Beverini e che si trovava a ridosso delle antiche mura di cinta risalenti al XIV-XVII sec. che nella parte settentrionale delimitavano la città nel tratto compreso tra l’antica porta Genova o di S. Bernardino e il baluardo retrostante la chiesa di S. Maria Assunta. Le mura perimetrali dell’edificio sembrano risultare stabili ad un primo esame visivo: nella parte a monte le mura portanti sono in aderenza ad un altro edificio in buono stato di manutenzione, nella facciata lato chiesa è stato mantenuto un tratto di muro a risega con funzione di contrafforte rimasto dell’edificio andato perduto nei bombardamenti dell’ultima guerra; inoltre per assicurare la stabilità dell’edificio nel tempo sono stati posizionati lateralmente ulteriori contrafforti a sperone in c.a. La facciata principale su via Biassa è quella che presentava maggiori problemi di stabilità alla base; infatti al piano terra insistono due archi ribassati in mattoni (piattabande) che si intrecciano di cui uno ad ampia luce rispetto al resto della larghezza della facciata per cui in tempi relativamente recenti l’apertura che esisteva è stata tamponata con muro di mattoni pieni.
Concludendo l’edificio è sicuramente di valore storico-testimoniale per quanto sopraddetto, come recitava anche la targa esterna a suo tempo disposta a segnalare l’importanza del manufatto, si può intervenire su di esso con tecniche di consolidamento (sottomurazioni alla base, rifacimento di architrave e pilastri, tecniche di interventi cuci e scuci sulle murature, rifacimento dei solai interni, messa in opera di catene per ammorsare le pareti etc.) e di restauro delle facciate esterne senza alterare l’aspetto complessivo dell’edificio mantenendo le attuali bucature, adoperando materiali tradizionali( intonaci premiscelati a base di calce, infissi in legno etc.) e mettendo in evidenza la tessitura delle pietre di arenaria di antica fattura ancora esistenti nella facciata.
L’intervento anacronistico di demolizione e ricostruzione dell’edificio a struttura portante in c.a. o in acciaio porterebbe a perdere completamente tutte le caratteristiche edilizie di un edificio che pur non presentando elementi architettonici di alto valore è uno dei pochi esempi rimasti in città di quell’edilizia semplice che era diffusa nei nostri centri storici, oggi testimonianza di un tessuto urbano meritevole di essere salvaguardato.
Architetto Roberto Venturini
Ex responsabile Servizio Beni Ambientali e Naturali della Provincia della Spezia