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"Storie di spezzini": Francesco, a soli 22 anni ha pubblicato il suo primo libro di poesie In evidenza

di Anna Mori – Spezzino di adozione, di origine pugliese, è arrivato alla Spezia otto anni fa per motivi di lavoro del padre.

Francesco Vito Ciaravino è spezzino di adozione, di origine pugliese è arrivato alla Spezia otto anni fa per motivi di lavoro del padre. A soli 22 anni ha pubblicato un libro di poesie nel quale racconta il suo percorso di accettazione del trasferimento. Francesco è in attesa di pubblicazione anche di un secondo volume.
La Redazione di Gazzetta della Spezia, lo ha incontrato per farsi raccontare la sua storia.

Francesco, puoi raccontarci qualcosa di te?
Attualmente studio lettere moderne a Pisa, ho pubblicato un libro di poesie, ho avuto la fortuna di ricevere qualche premio, anche in ambito universitario. L’ultimo è il premio “Firenze Giovani” dove è stato premiato appunto il mio primo libro “Combaciarsi”, un’esperienza molto bella perché sono stato selezionato tra 300 titoli e cinque finalisti.
Faccio tutto con il cuore, cercando di mantenere il “low profile” un po' perché la scaramanzia fa parte di noi pugliesi: non ti aspetti mai di raggiungere l’obiettivo, sembra sempre assurdo che tra tanti sei stato scelto.
Sono un volontario di Croce Rossa. Prima di lettere moderne ho studiato due anni di Scienze Infermieristiche, al Gaslini e poi alla Spezia. Ho sempre scritto e tenuto nel cassetto il sogno di pubblicare un giorno qualcosa di mio. Dopo aver visto una serie della Rai dove c’erano molti attori della mia età, mi sono detto che avrei potuto fare qualcosa di serio come loro, ma nel settore della scrittura. Quindi di giorno studiavo anatomia e di notte ho iniziato ad approfondire la scrittura creativa, i metodi di scrittura e lo story telling. Poi ho deciso di iscrivermi alla facoltà di lettere moderne e alla fine ho pubblicato il mio primo libro di poesie “Combaciarsi”.

Perché il tuo libro si intitola “Combaciarsi”?
Il libro parla della mia esperienza di persona trasferita otto anni fa dalla Puglia alla Spezia per motivi lavorativi di mio padre. Con questo libro, la speranza era quella di poter aiutare le persone che si trovano in un momento buio della loro vita, portandole a pensare come da un’esperienza negativa possiamo trovare noi stessi. Sulla copertina del libro è infatti raffigurato un omino che si unisce, come a dire dentro di noi coesistono cose positive e negative, fossimo solo le cose positive o negative saremmo tutti uguali, invece è proprio dall’unione di questi due “sali” che diventiamo unici e traiamo la nostra forza. “Combaciarsi” come augurio interiore.
Quando mi sono trasferito alla Spezia avevo 16 anni ed è stata molto dura all’inizio. Una situazione difficile, i modi di intendere la vita sono diversi e l’adattamento iniziale è complesso. Ma tutto sta di trovare nell’altro un po' di noi stessi, dandogli la possibilità di aprirsi con noi e noi vicendevolmente con l’altro. Quando si impara questo si trae del bene, c’è condivisione, nascono amicizie e si trova l’equilibrio.
All’inizio non è stato facile, c’è stata tanta negazione nel trovare il bello nel nuovo da parte mia, preferire il ritorno piuttosto che restare. Per l’adolescente è importante rimanere in un ambiente che conosce e consolidare lì i propri legami. Quindi sicuramente è un’esperienza che all’inizio ti stravolge, ma che ti fa maturare più in fretta dei tuoi coetanei che non hanno condiviso questa esperienza, è dura, ma ti spalanca porte interiori che non sapevi nemmeno si potessero aprire. Quindi è un’esperienza che mi è servita e mi ha portato a questo.

Quale è il percorso tracciato nel tuo libro?
Il libro contiene al suo interno 80 componimenti brevi e l’intento è quasi di tracciare un filone narrativo tra le poesie. Si parte da una situazione negativa, appunto, che è il trasferimento, e si giunge nel finale dove c’è questa accettazione del duplice interiore. Essendo praticante di Aikido, mi piace molto questa parte spirituale e filosofica. Ho sempre più capito nel corso del tempo, quanto il bilanciamento tra lo Ying e lo Yang, il chiaro e lo scuro, è in grado di portarci alla pace interiore. L’intento del libro è questo, ovviamente con umiltà, perché ognuno di noi ha storie diverse e personalità diverse, ma come umani percorriamo un cammino sulla terra e ci confrontiamo più o meno con le stesse dinamiche. Il mio umile augurio è proprio quello di “combaciarsi” interiormente.

Hai scelto diversi percorsi universitari prima di trovare la tua strada, perché il passaggio alla facoltà di lettere moderne”?
Nel periodo del Covid, ho prestato servizio continuativo con la Croce Rossa, ho visto nelle figure sanitarie quelle persone dedite all’altro e pronte all’aiuto. Mi è piaciuta la prospettiva di essere utile, dare un supporto alle persone che hanno una problematica sia a livello psicologico che sanitario.
Mi sono quindi iscritto a infermieristica pediatrica al Gaslini, è stata un’esperienza bellissima: vedi nascere la vita ed è qualcosa di emozionante, difficile da descrivere a parole. L’infermieristica mi ha dato tanto, ma ad un certo punto ho capito che non era la mia strada.
Scrivo fin da bambino, mi ricordo alla scuola elementare di Taranto che quando mi dicevano che ci sarebbe stata una gita, preparavo una storiella per intrattenere i miei amici sul bus. Ho trovato sempre insegnanti che mi hanno sostenuto, ma da lì ad arrivare a scrivere seriamente è passato tempo.
Prima di iscrivermi a lettere, avevo fatto già due passaggi universitari, cambiare di nuovo non è stato facile, sai l’opinione della gente che pensa che potessi essere eternamente indeciso. Ma fino a che le cose non le provi, penso che difficilmente le capisci. Ci sono voluti due anni prima di capire che infermieristica non faceva per me. Ero molto dubbioso, mi dicevo che i miei amici stavano per laurearsi, mentre io cambiavo per la seconda volta.

Che cosa ti ha convinto a pubblicare il tuo primo libro?
La svolta è arrivata con un incontro in treno, settembre 2023, quando ho iniziato a fare lettere. Un giorno tornando dalla lezione di linguistica, ho incontrato una signora che si chiamava Sarah e che parlava in americano molto stretto. A volte capisci quanto gli incontri siano veramente fortuiti.
Abbiamo iniziato a parlare, mi sono aperto con lei e ho sentito questo dialogo come se ci fossimo sempre conosciuti. E’ uscito il discorso del libro e i miei dubbi sul fatto se potesse essere valido o meno. Lei mi ha spronato tantissimo, mi ha detto delle cose che mi hanno aperto un’ottica diversa su me stesso, di provarci, di non sentirsi finito così giovane. Poi mi ha detto “Non smettere di seguire quello che hai scritto sulla maglia”. Avevo una maglietta dei Queen su cui era scritto “Don’t stop me now”. E’ grazie a lei se ho pubblicato il libro, e poi le soddisfazioni sono cominciate a giungere.

Hai altri progetti editoriali per il futuro?
Non mi sono fermato, ho già scritto il prossimo libro di poesia e l’ho distribuito alle case editrici. Sto aspettando una risposta.

Perché hai scelto la poesia?
Dico sempre che la poesia è un po' bistrattata a livello editoriale, non sono molte le case editrici che pubblicano esordienti, sugli scaffali delle librerie ci sono pochi libri di poesia rispetto alla narrativa. Trovo che nel libro di poesie ogni pagina sia uno specchio. La narrativa, invece, è un mezzo quasi per evadere dalla nostra realtà, per nasconderci, ritrovarci o trovare risposte. Per la poesia ci viene terrore, perché non è una lettura immediata, anche la poesia più semplice ha bisogno di una riflessione, senza la quale non esiste. Forse fa paura vedere noi stessi in ogni pagina e poi c’è bisogno di attivare la mente. Nella poesia si sfrutta la potenza semantica della parola, per dare nuovo senso a parole che non hanno un ruolo ben definito e poi tanta introspezione.

Perché ha deciso di diventare volontario della Croce Rossa?
Mi sono iscritto quasi per caso, perché facevo l’animatore in Parrocchia e quell’anno sono stato investito della carica di responsabile del cassetto emergenze. Ho voluto sapere di più: quindi mi sono iscritto ad un corso presso la Croce Rossa, ma non avevo capito che alla fine della formazione si diventava volontari.
Una volta tornato a casa, mia mamma mi ha detto di continuare: mi sono sempre più appassionato, ho fatto servizio nell’area dei senza fissa dimora, nella distribuzione a famiglie con necessità, tanta attività fatta durante il COVID. Poi ho avuto la possibilità di avere un ruolo di responsabilità nelle squadre a piedi che durante la pandemia andavano incontro alle necessità della popolazione. Ho fatto anche attività di call center.
Riverso tutta l’esperienza della Croce Rossa e dell’infermieristica nella poesia. E’ un punto di vista della realtà differente, ci permette di vedere lo straordinario nell’ordinario ed è quello che voglio creare anche con le mie poesie.

 

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