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Quattro chiacchiere con i Jalisse sulla musica contemporanea In evidenza

di Francesco Vito Ciaravino - Nella serata di ieri i Jalisse si sono esibiti con i loro successi presso Sala Dante

Nella serata di ieri i Jalisse si sono esibiti con i loro successi sanremesi e non, presso Sala Dante, in occasione della manifestazione musicale “La Spezia aspetta Sanremo”. Alla fine delle prove generali c’è stata l’opportunità di interloquire col noto gruppo vincitore del Festival del ’97, su alcune dinamiche che è possibile notare nel panorama musicale italiano attuale. Ecco la brevi dichiarazioni che ne sono scaturite:

E’ utile continuare a scrivere anche e se non ci sono più orecchie disposte ad ascoltare la musica d’autore?

E’ fondamentale continuare a scrivere almeno per un milione di motivi. Noi creiamo musica principalmente per sentirci ancora vivi. Proprio nei momenti di difficoltà troviamo qualcosa che ci riporti al cantautorato, in un tempo dove prende sempre più piede la musica di tendenza e di facile presa. E’ fondamentale continuare a ideare qualcosa che possa riportare quotidianamente a sé stessi. Non c’è distinzione nella musica, non c’è musica di serie A o di serie B”. Afferma Fabio Ricci. Dello stesso parere è ovviamente anche Alessandra Drusian: “C’è necessità che la musica ti colpisca. Non appena accade questo, cominci a interiorizzare quella specifica canzone. Bisogna riscoprire le emozioni nei brani. Ed è importante questo sia per noi che per il pubblico”.

Attualmente sono molto rari i casi di musica introspettiva. I giovani non vogliono più riscoprire l’interiorità o vogliono solo scappare da essa?

Ci sono dei brani di spessore anche nella contemporaneità dei generi Trap e Indie, capaci di condurre alla riflessione. All’interno di Bomba Dischi (etichetta discografica), c’è un roster di autori molto profondi e che pongono minuziosa attenzione specialmente nella parte compositiva. Quello che mi spaventa di più è l’avvento e l’uso, a parer nostro, improprio dell’AI. In questo momento l’intelligenza artificiale” – prosegue Ricci - “viene impiegata per la creazione di testi, musica e arrangiamento. Alcuni studi di registrazione stanno usando delle idee tratte proprio da elaborati AI. In un mondo dove la velocità produttiva è di primaria importanza, l’uso di una tecnologia simile diventa sempre più appetibile. Non è giusto. Che suonino i musicisti, che compongano gli autori e che eseguano i cantanti”. Insomma, tutto sembra essere votato all’uniformità: “Il suono ripetuto fa adattare l’orecchio in maniera distorta. Il tocco tipico di quel dato musicista, la sensibilità unica di quell’autore, invece, permette di legare con l’esperienza umana e genera una vera e propria esplosione dentro noi. Per carità, la sperimentazione è un tratto tipico di questo settore. Ma un uso totalizzante di questi mezzi dovrebbe essere fuori discussione” conclude così Drusian.

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