«Da tempo si era capito che Toti volesse rompere con Forza Italia. Ed è innegabile che, da molti mesi, un Toti “trasfertista della politica” guardasse più alle faccende romane piuttosto che ai problemi della Liguria. Come da tempo si è capito che questa giunta ha fermato la sua azione normativa e legislativa. In realtà in questa regione non c’è mai stato un “vento di cambiamento”: il centrodestra ha tirato a campare addossando le colpe ai passati governi, ha prodotto guasti in alcuni campi, come la sanità, aggravando situazioni già complesse. Si sono buttati nella ghiotta discussione sull’autonomia differenziata, omettendo che questa regione ha un pesante deficit fiscale e infrastrutturale, e che ha notevoli diversità amministrative rispetto regioni come Emilia, Veneto e Lombardia. Per il resto nessuna visione, nessuna capacità di prefigurare un’idea di Liguria al 2030».
«Oggi arriva la crisi di governo e Toti trasloca, in perfetta sincronia con la rottura leghista. Visto il quadro romano, ci chiediamo. Toti pensa davvero che fiancheggiare il sovranismo leghista possa offrire risposte alla grave crisi demografica di questa regione? Oppure, a questo punto, cosa ne sarà delle innumerevoli crisi industriali che costellano il nostro territorio e che coinvolgono il Mise? Toti cosa pensa di fare? In questo improvviso scenario mutato, le sue ambizioni sono nazionali oppure pensa di restare qui?».
«Domande che cadono in una frammentazione paurosa della politica, svuotata di temi, in cui registriamo soltanto tentativi di riposizionamento sullo scacchiere: “mi avvicino a Salvini, mi allontano da Berlusconi, guardo cosa fa Renzi”. Nelle stesse dichiarazioni degli esponenti del centrodestra ligure non si rintracciano ragioni sostanziali per restare in Forza Italia, ma neppure per andarsene».
«Di fondo c’è che Toti, gande comunicatore, stavolta mette in scena uno spettacolo esitante e con pochi lustrini. Sul lato opposto, le parti sociali, sia sindacali sia datoriali, sanno bene che questa regione è più povera di prima. Per anni, con tappeti ossi e discorsi altisonanti, Toti ha cercato di convincere i liguri che questa regione stava uscendo dalla crisi. Così non è stato. Ora trasloca in un nuovo soggetto politico, cerca una coalizione più stretta col potente alleato Salvini di cui sarà inevitabilmente subalterno. E allora ci spieghi, ad esempio, come concilierà il suo dichiarato liberalismo con il Decreto Sicurezza Bis, che le libertà costituzionali tende a ridurle.
E come pensa di conciliare il tanto decantato “vento del cambiamento” con una situazione in cui la Liguria è sempre più isolata e distante dagli standard delle altre regioni del nord. Una metafora: il famoso treno Genova-Milano con 1 ora di permanenza non è mai partito da nessuna stazione. In definitiva, l’ultima mossa di Toti è perfettamente coerente con quanto espresso in questi 4 anni di legislatura: anteporre i suoi interessi elettorali agli interessi del territorio. Come sta facendo Salvini, che aiutato dalla pochezza politica del M5S ha condotto questo Paese verso scenari economici e diplomatici che ci preoccupano. Peraltro, alla prova dei fatti, “Cambiamo” rischia di essere un termine logoro, nel vocabolario della destra e del sovranismo; visto cosa ha prodotto e quali esiti ha avuto il “governo del cambiamento”». Lo dichiara il capogruppo di Rete a Sinistra / LiberaMente Liguria Gianni Pastorino, commentando la nascita del movimento “Cambiano!” fondato dal presidente Toti.