Non è così usuale trovare in giro per il nostro territorio le peculiarità che caratterizzano l’Azienda Agraria Buranco. Incastonata a Monterosso in uno splendido anfiteatro naturale cinto da antichi muri è la più grande, e tra le più prestigiose, aziende di produzione di vino delle Cinque Terre.
Ecco perché vale la pena soffermarsi su quello che questa realtà riesce ad esprimere. Sei ettari di terreno nella vallata che si estende alle spalle del centro storico di Monterosso creano un’occupazione, compresi gli stagionali, di venti dipendenti. Una cantina storica realizzata intorno al 1300, un ristorante in grado di ospitare fino a sessanta persone con la possibilità di alloggiare in uno dei quattro appartamenti, per un totale di sedici posti letto, a disposizione della struttura.
La parte dei prodotti stupisce per come sia estremamente diversificata.
Fanno parte della produzione Buranco un limoneto di 250 piante di limoni che consente di produrre un pregiato limoncino, 1.300 piante di olive di sette qualità diverse che offrono la possibilità di avere olio di ottima qualità e un vigneto di 4,5 ettari.
Proprio nel vigneto, vero cuore dell’azienda, si coltiva per l’uva bianca il Bosco che viene usata prevalentemente per produrre il noto Sciacchetrà, il Vermentino e l'Albarola, ma trova spazio, cosa rara per la produzione del nostro territorio, anche l’uva rossa di Syrah Cabernet. La produzione annua di vino si attesta su 25.000- 30.000 bottiglie, anche grazie all'uva dei conferitori, tipicamente piccoli coltivatori dei micro vigneti delle Cinque Terre.
Numeri di una storia ventennale, frutto di una progettualità che fa della resilienza e del pensiero lungo la sua principale caratteristica. Perché si continua a scrivere dell’agricoltura delle Cinque Terre? Perché coltivare in questo fazzoletto di mondo è difficile. Ecco perché è sempre un’ottima annata se parliamo delle Cinque Terre. Al di là dei numeri che si possono ottenere la vittoria rimarrà sempre quella di aver mantenuto un presidio vivo. Come la saracinesca di un negozio che rimane alzata in città l’agricoltura ha la solita potenza, tenere la luce accesa e una comunità unita. Senza l’agricoltura, che volutamente non voglio definire eroica perché sono allergico alla retorica e all’approccio testimoniale, i paesi muoiono e si svuotano. Sono decenni che è iniziata gradualmente una battaglia silenziosa, ma neanche troppo, nelle Cinque Terre. La sfida agli effetti della industrializzazione prima e dello smantellamento industriale dopo.
La città che svuota la campagna in entrambe le fasi. Concluso il primo ciclo industriale che ha visto protagonista indiscussa la città, da più di vent’anni invece si assiste ad un processo di smantellamento. Un’occasione per riconvertire manodopera, utilizzare nuove tecnologie e investimenti. Oggi, nei giorni nostri, la difficoltà degli effetti che la terziarizzazione selvaggia ha portato non possono essere sottovalutati. Al pari del processo di industrializzazione si è costruito un processo economico che vede la pura rendita estrattiva come unico raggiungimento di scopo. L’affitto del “materasso della nonna” non può essere l’unico modello da perseguire.
I corpi intermedi di rappresentanza “pesano” sempre meno e durante la fase di contrattazione e delle scelte di destinazione delle risorse manca sempre di più quella spinta in grado di armonizzare proposte a lungo termine. Si procede a singhiozzo muniti, e qua ritorno volutamente al punto, di quell’approccio testimoniale che crea soltanto confusione e retorica sdolcinata. Progetti spot che non danno risposte a soluzioni e Istituzioni/Enti paralizzati dall’assenza di progettualità, la testa sotto la sabbia.
Abbiamo un problema enorme in questi territori. Problema che si chiama (per citare solo alcuni aspetti) terre incolte, carico antropico, presenza di ungulati e spopolamento. L’Azienda Agricola Buranco e i presidi di tutte le altre aziende presenti nelle Cinque Terre rimangono la risposta più efficace. Non si può più sottovalutare, c’è un rischio enorme che riguarda tutti noi.