Per la seconda volta l’asta per l’alienazione dei beni trasferiti dalla Marina Militare al Comune di Porto Venere è andata deserta.
Questo dimostra che l'idea alla base del Masterplan non poggia nemmeno su credibili criteri finanziari, ed il richio è che si finisca come per la Colonia Olivetti, ovvero a svendere il patrimonio pubblico al privato senza nessun ritorno adeguato.
Ma il problema è a monte: come diciamo ormai da anni il modello per la Palmaria non può essere quello di una privatizzazione finalizzata ad un turismo di tipo elitario, ma semmai quello basato sulla fruizione pubblica tipica di un'Area Protetta, basata su educazione e ricerca, ovvero su una fruizione consapevole e su moderne politiche di tutela e valorizzazione dei beni naturali e storico-architettonici. La Palmaria non può essere un oggetto di mercato, nemmeno in un’ottica di sostenibilità. Occorre invece far emergere e preservare i suoi valori, anche immateriali, che ne fanno il tesoro del nostro Golfo: spazio vitale di natura, servizi ecosistemici, sedime della storia del Golfo. Un tesoro che non può essere venduto ma che proprio per quello ci restituisce ricchezza, ora e in futuro.
E per fare questo occorre rilanciare il Parco (che risulta da decenni mortificato nella sua struttura e nelle sue funzioni).
Svendere la Palmaria per rinpinguare le casse comunali è in questo senso miope e penalizza il territorio anche dal punto di vista dell'immagine, incrinando il suo prestigio.
Manteniamo i beni pubblici e andiamo a cercare le risorse, che esistono, per rilanciare un efficiente "modello Parco" (che non èè certo quello applicato fino ad adesso). Bloccare l'asta e parlarne.
Legambiente