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Il gigante di Monterosso, le peculiarità di un luogo singolare e le sue problematiche di restauro conservativo In evidenza

di Cecilia Castellini – le parole del geologo Emanuele Raso e dell’architetto Angela Zattera.

Sono in via di eliminazione gli ultimi ponteggi che lo hanno tenuto ingabbiato per oltre quattro anni, sta per tornare così a vegliare sul Golfo delle Cinque Terre lo storico monumentale Gigante Nettuno. Una statua nata per rendere chiaro il potere della famiglia Pastine. Venne costruita dallo scultore Arrigo Minerbi e dall'ingegnere Levacher nel 1910, per volere dell'avvocato Giovanni Pastine e Juanita Pastine, monterossini tornati dall’Argentina dopo aver fatto fortuna.

La statua, la cui figura viene attribuita dai Monterossini a un loro compaesano, adornava la splendida Villa Pastine insieme ad una grande terrazza a forma di conchiglia, luogo di feste durante l’estate, bombardata con la villa durante la Seconda guerra mondiale. Nel 1966 poi, una forte mareggiata debilitò il gigante che venne in parte restaurato per mezzo della famiglia De Andreis. Oggi si presenta come un tronco senza braccia, senza tridente, senza conchiglia e senza una gamba, mentre di Villa Pastine rimane solo una torre.

A ridosso di Ferragosto 2017 il pericolo del distacco di alcuni pezzi di roccia aveva indotto il Comune a rendere inagibile la spiaggia libera di Fegina sottostante e ad agire in maniera urgente con i primi interventi di messa in sicurezza.

Una cosa interessante da sottolineare è che, come spiega il geologo Emanuele Raso, la roccia su cui poggia l’intera statua, un gabbro, tipo di granito di origine magmatica, affiora solo in quel punto in tutta la zona del Parco delle Cinque Terre. “L'erosione – commenta - c'è stata sia da un punto di vista fisico che chimico. L’azione delle onde alla base di quella che è una falesia crea un'erosione di tipo fisico, piano piano arretra il materiale e viene asportato. Inoltre, c’è un tipo di corrosione dovuta anche al salmastro, asciugando il sale cristallizza e piano piano porta il calcestruzzo, essendo poroso, a deteriorarsi”.

L'intervento di restauro conservativo è stato reso possibile grazie ai proprietari (i veronesi Maurizio, Nicola e Mattia Marino) con un impegno di spesa molto ingente. ll progetto è stato concordato, monitorato e autorizzato dalla Soprintendenza ai Beni storici e culturali della Liguria. Il delicato intervento è stato eseguito dall’impresa Decorart, specializzata in restauri su opere di grande pregio storico-artistico, con il coordinamento e la direzione dell’architetta Angela Zattera.

“Si tratta – spiega Zattera - di un intervento di restauro esclusivamente conservativo, che ha seguito i criteri e le direttive del restauro storico- artistico. Sono state affrontate diverse problematiche, tra cui la cantierizzazione, che ha costretto gli addetti ai lavori ad operare in situazione di criticità. Per prima cosa è stato necessario garantire la staticità del manufatto intervenendo con opere di consolidamento, mettendo in sicurezza soprattutto la testa, la gamba sinistra ed il piede destro, oltre che cercare di arrestare l’ossidazione dei ferri che avrebbe causato una ulteriore perdita di elementi della scultura stessa.

Per ridare la totale staticità alla statura sono state sostituite le parti in ferro utilizzando acciaio inox marino, che ha la particolarità di evitare la ossidazione e la conseguente corrosione in ambienti salmastri. Per migliorare ulteriormente l’assestamento sono state fatte iniezioni di speciali boiacche consolidanti ed inserimenti di barre a aderenza migliorata in acciaio marino, in vetroresina ed in fibra di carbonio, tutte sigillate con resina epossidica.

Esternamente sono state eseguite operazioni di pulitura con acqua demineralizzata, impacchi chimici e micro-sabbiature, per passare alle stuccature mediante impasti realizzati con materiali uguali a quelli che compongono l’intera statua del gigante. Infine, si è provveduto al consolidamento chimico corticale e protezione chimica corticale".

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