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"Qual è il valore che distingue le scuole private da quelle pubbliche?" In evidenza

L'UAAR contro la proposta di La Spezia Popolare.

 

Si avvicinano scadenze elettorali e puntualmente qualche politico interessato all’appoggio delle gerarchie ecclesiastiche rilancia la solita proposta di convenzione per le scuole paritarie (di fatto cattoliche). Questa volta è di turno il consigliere regionale Andrea Costa, rappresentante di “Spezia Popolare” che propone per il comune della Spezia una convenzione, della quale però non specifica i termini.
Dal comunicato traspare l’idea che questi signori si sono fatta del diritto all’istruzione, parlano infatti di “..queste strutture (le scuole private NDR) hanno un valore e un’identità precisa”. Gradiremmo sapere qual è il valore e l’identità precisa che distingue queste scuole dalla scuole pubbliche e se questa “diversità” garantisca comunque ai ragazzi un’educazione e un equilibrio identico a quello della scuola normale, se gli insegnanti siano assunti con regolare concorso e non esistano discriminazioni anticostituzionali e illegittime per esempi in materia di credo religioso. Può un insegnante ateo, agnostico o di altre religioni essere assunto in queste scuole? E’ così anche per il personale non insegnante?

Costa fa appello al pluralismo come un valore, quando sarebbe invece più corretto e legale fare riferimento alla libertà e all’autonomia d’insegnamento da parte dei docenti. Pluralismo può anche significare diversità dall’insegnamento ordinario e dai normali programmi di studio, per impartire un insegnamento che non tenga conto dei fondamentali principi di laicità dello Stato.

Vogliamo ricordare quanto stabilisce l’art. 33 della Costituzione Italiana:
“La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.
Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.”

Uno studio dell’OCSE dimostra come gli istituti privati e particolarmente quelli religiosi (il 90%) siano meno competitivi della scuola pubblica, che promuovano alunni più impreparati (come ha più volte attestato l’OCSE), che abbiano insegnanti, frequentemente sacerdoti, scelti non certo in base alla loro preparazione e che, per questi motivi, abbiano avuto un drammatico calo nel numero degli alunni nonostante le diverse leggi che li hanno favoriti economicamente negli ultimi anni dalla legge Moratti alla “buona scuola” del governo Renzi.
Compito centrale di un’amministrazione pubblica sarebbe non quello di foraggiare scuole private, che dovrebbero vivere di risorse proprie, ma quello di garantire la sicurezza degli edifici scolastici, visto che il 92% degli edifici scolastici italiani è a rischio sismico, di dotare di attrezzature (biblioteche, palestre, attrezzature sportive, laboratori) le scuole, di garantire mense di qualità e igienicamente controllate, di assicurare a tutti il trasporto scolastico e di abbassare il più possibile i costi di mense e trasporti per la scuola pubblica.

Infine, Costa con il suo gruppo sostiene che “questi istituti (privati) siano stati fino ad oggi svantaggiati a livello normativo e di approccio culturale”, forse dimenticando ciò che accade ogni anno con fiumi di denaro devoluti in sproporzione a vantaggio della scuola privata.
Era solo il 2017, quando i giornali titolavano “690 mila euro su 850 mila, dalla regione –Liguria- alle scuole private”.


Cesare Bisleri
(coordinatore circolo Uaar della Spezia)

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