È bastato un evento di CasaPound per far saltare gli equilibri in una giunta comunale che, pur tra differenze di carattere e stile, finora aveva saputo mostrarsi compatta nel guidare la città verso una nuova fase di sviluppo. La scelta – discutibile e a tratti incomprensibile – del Sindaco Peracchini di partecipare la manifestazione ha acceso i riflettori su una politica locale che si è dimostrata fragile, tanto nella maggioranza quanto nell’opposizione.
La presenza di CasaPound alla Spezia si è rivelata per quello che era: una messinscena fuori dal tempo, nostalgica nella forma e provocatoria nella sostanza. Un raduno che, da Nord a Sud, punta a generare reazioni, attirare critiche e – nei casi peggiori – risvegliare pulsioni che appartengono a una storia che abbiamo il dovere di studiare, ricordare e archiviare. Non certo di replicare.
Quello che colpisce, però, è il riflesso che questa iniziativa ha avuto sul dibattito politico cittadino. Da una parte, una sinistra che riesce a ricompattarsi solo attorno all’antifascismo, valore fondamentale e non negoziabile della nostra democrazia, ma spesso brandito più come scudo ideologico che come motore di proposta. Dall’altra, un centrodestra che, invece di restare saldo sui propri riferimenti culturali, finisce per inseguire una narrazione imposta da altri, quasi costretto a legittimarsi su un terreno scelto dall’avversario.
Il gioco è noto: far passare il principio che si possa essere democratici e antifascisti solo se si aderisce a una certa area politica. Un’impostazione rigida, che svilisce il dibattito pubblico e allontana ancora di più la politica dal sentimento reale dei cittadini.
E qui sta il punto: mentre i partiti si accapigliano su simboli e fantasmi del passato, gran parte degli italiani – e degli spezzini – ha già voltato pagina. Lo dimostrano le urne, lo confermano le astensioni. La maggioranza silenziosa non chiede scontri ideologici, ma risposte concrete. Chiede soluzioni, lavoro, sicurezza, qualità della vita. Vuole parlare di presente e costruire il futuro.
Continuare a riportare il confronto politico agli anni ’30 o ’40 del Novecento è una distrazione – a volte utile a chi ha poco da dire sul presente. Ma oggi serve il coraggio di guardare avanti, non l’abitudine di rifugiarsi sempre indietro.
Sursum corda.