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Il PCI: "Landini è sempre stato contro il Jobs Act. Da FdI inaccettabile rovesciamento della realtà" In evidenza

La replica di Daniele Idili a Maria Grazia Frijia.

Sulla validità dell'operato del governo Meloni si può discutere, anche se i fatti dimostrano ogni giorno di più il fallimento delle sue politiche sul lavoro, che hanno aggravato la precarietà, favorito le imprese più spregiudicate e svilito i diritti collettivi. È comunque assolutamente legittimo che l'Onorevole Frijia ne prenda le parti.

Ciò che invece è inaccettabile, ma è ormai prassi consolidata della sua parte politica, è il continuo rovesciamento della realtà, il ricorso sistematico alla menzogna e alla calunnia come strumento di lotta politica. D'altronde non ci stupiamo. Sappiamo bene che sono eredi di una tradizione politica dove ripetendo una menzogna migliaia di volte la si trasforma il verità.Rimane il fatto che sulle opinioni si può discutere e scontrarsi, sui fatti no.

Affermare che Landini difendeva il Jobs Act è nei fatti semplicemente falso.

La realtà è che Landini fu tra i più decisi oppositori del Jobs Act fin dalla sua introduzione. Da segretario della FIOM, guidò mobilitazioni, scioperi e manifestazioni contro quella legge, denunciandone l'attacco ai diritti dei lavoratori, in particolare all'articolo 18 e alle tutele contro i licenziamenti illegittimi. Basta fare una rapida ricerca per trovare le sue dichiarazioni dell'epoca, gli appelli e le dure critiche lanciate pubblicamente contro il governo Renzi.

Possiamo certo discutere, anche in modo critico, di come e perché la CGIL abbia combattuto quella battaglia e l'abbia poi persa durante il governo Renzi. Possiamo analizzare i limiti, le difficoltà, gli errori e le contraddizioni che il sindacato ha dovuto affrontare in un contesto segnato da un attacco frontale ai diritti del lavoro, portato avanti proprio da quel centrosinistra che aveva ormai smarrito ogni traccia della sua identità sociale trasformandosi da rappresentate dei lavoratori a esecutore degli interessi padronali.

Ma dire che Landini ne fu complice è una manipolazione indecente, costruita apposta per screditare chi oggi tenta, finalmente, di riaprire un fronte di mobilitazione vera contro la precarietà e contro l'umiliazione quotidiana del lavoro.

È ancora più ipocrita che a muovere questo tipo di accuse sia proprio una esponente di Fratelli d'Italia, un partito che nella sua attività di governo ha avallato leggi liberticide, che minano alla radice il diritto di sciopero, che mirano a criminalizzare la protesta sociale e imbavagliare il dissenso. Un partito che vorrebbe un sindacato annichilito, docile, addomesticato, ridotto a stampella degli interessi padronali. E quando il sindacato, al contrario, rialza la testa e torna a esercitare il proprio ruolo costituzionale di rappresentanza e conflitto, viene calunniato e accusato di fare "politica". Come se la difesa dei salari, della sicurezza sul lavoro, del diritto alla contrattazione collettiva non fossero temi politici, profondamente politici, che riguardano la vita quotidiana di milioni di persone, molto più che gli interessi di questo o quel partito.

Il Partito Comunista Italiano sul ruolo del sindacato ha una posizione chiara e netta, che non risparmia le critiche quando necessarie e costruttive, ma allo stesso tempo non tollera i ripetuti tentativi di delegittimare e affossare il ruolo del sindacato. Crediamo sia necessario abbandonare definitivamente la stagione fallimentare della concertazione, che ha indebolito il sindacato fino a ridurlo ad un soggetto a cui è imposta la subalternità e la compatibilità con gli interessi del padronato. Occorre tornare a un sindacato di conflitto, radicato nei luoghi di lavoro e nella vita concreta degli sfruttati, capace di organizzare la rabbia, di ricostruire la coscienza di classe e di sfidare l'ordine neoliberista che ha devastato i diritti, i salari e la dignità del lavoro. Il PCI sostiene ogni sforzo sincero che vada in questa direzione e ritiene che il rilancio di un protagonismo sindacale sia parte fondamentale della ricostruzione di un'alternativa politica e sociale in questo Paese.

Per questi motivi, il Partito Comunista Italiano sostiene con convinzione la battaglia per i cinque Sì al referendum promosso dalla CGIL. Riteniamo che si tratti di un passaggio fondamentale per invertire la rotta e riaffermare il principio che il lavoro non è una merce, ma il fondamento stesso della nostra Repubblica. Votare Sì significa opporsi alla precarietà, rivendicare la centralità della dignità del lavoro, e cominciare a smantellare l'impianto neoliberista costruito negli ultimi decenni a scapito delle lavoratrici e dei lavoratori. È un primo, necessario passo verso una nuova stagione di conquiste sociali.

Il Partito Comunista Italiano non ha mai abbandonato il campo della lotta e non lo faremo oggi, in un momento in cui la destra al governo tenta di riportare indietro l'orologio della storia. Contro la precarietà, contro la repressione del dissenso, contro le calunnie e il silenzio imposto a chi alza la testa, il PCI rilancia con forza il proprio impegno. Non arretriamo di un passo.


Daniele Idili
PARTITO COMUNISTA ITALIANO
Segreteria provinciale - Federazione della Spezia

 

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