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Il libro di Aldo Cazzullo nell'analisi di Luca Erba In evidenza

Nel suo editoriale della domenica.

L’antologia che interessa la vita politica e privata di Bettino Craxi è ampia e variegata. Decine di libri, articoli, film e documentari hanno cercato di raccontare la parabola della seconda metà della prima repubblica mettendo al centro lui, il socialista di ferro che armato di garofano, dal palco del congresso di Verona, sbeffeggiava il capo del Partito Comunista Italiano Enrico Berlinguer.

Benedetto Craxi, per tutti Bettino, convinto garibaldino della corrente autonomista rimane una delle figure più controverse della nostra storia recente. Ne traccia un carteggio accurato e molto ben fatto Aldo Cazzullo, che negli ultimi mesi di vita di Craxi era inviato per la Stampa proprio ad Hammamet. Nel suo ultimo libro edito da Rizzoli “Craxi l’ultimo vero politico” - che agli appassionati consiglio vivamente di leggere - ripercorre la rocambolesca vita di un politico di razza che farà della sua intemperanza un tratto distintivo del suo agire e del suo modo di vivere.

Odiato da un pezzo dell’intellighenzia di questo paese - Scalfari lo chiamava “Ghino di Tacco” - osannato da un certo mondo e mal digerito dai Democristiani durante tutto il decennio degli anni ‘80. Una figura a dir poco dibattuta, la più “pornografica” che il palcoscenico politico avesse sino a quel punto mai conosciuto.

Edonista e prepotente suscitava una certa ammirazione - mai tradotta in percentuale alle elezioni - in quella parte di paese che in silenzio ne ammirava le gesta e pubblicamente ne criticava la condotta. Un politico, forse l’ultimo vero politico, che incarnava tutte le contraddizioni di un paese che stava definitivamente cambiando.

I blue jeans indossati davanti al Presidente Pertini che gli intima di andarsi a cambiare, ministri ballerini (De Michelis docet) e congressi che inauguravano la stagione dell’avanspettacolo. Un partito che sostituisce la falce e martello con il garofano raccogliendo al massimo della sua espansione non più del 14,8 % (elezioni europee del 1989). Una forza politica che non avrà mai la maggioranza relativa ma che si ritrova ad avere contemporaneamente Presidente della Repubblica e Presidente del Consiglio.

Nasceva una mitologia, una nuova incarnazione della figura del Princeps che ammantava di leggendario fatti storici che se osservati con lucidità e distacco non avrebbero chissà quale risonanza. Della notte di Sigonella affascina la narrazione che questa ha comportato, non il fatto in sé stesso, non certo l’accerchiamento dei marines americani. La telefonata con il Presidente Reagan, Arafat in contatto diretto con Craxi e Andreotti e la crisi aperta da Spadolini che giura sull’altare dell’atlantismo. Roma e Milano unite da un filo diretto, l’amicizia con Berlusconi, la bulimia politica e gastronomica, i ministri che si alzavano tardi la mattina e le pagelle di Moana Pozzi. La vittoria sul referendum per l’abolizione (che poi fu un blocco) della scala mobile e la sconfitta- annunciata- nel referendum sulla preferenza unica del 1991.

La caccia alle streghe - e al cinghialone - della procura di Milano e la fuga come Napoleone in nome della libertà. Si può dire tutto ma non che Bettino Craxi non sia stato un innovatore scrivendo nuove pagine e piegando il corso degli eventi verso un’altra direzione, la sua. Le monetine del Raphael rimangono una delle pagine più vergognose della nostra storia recente. Dirigenti del PDS e missini incalliti uniti nella lapidazione (non certo di un santo) di un uomo che aveva incarnato - né più né meno - un sentimento diffuso, un ruolo ben preciso che la politica aveva svolto sino a quel momento. Con questo non significa che io voglia ingrossare le fila del “tutti colpevoli nessun colpevole” o del “mal comune mezzo gaudio”, al contrario.

Una lettura onesta dei processi storici e dei fatti politici vuole che ci si intenda su quella che è la lettura del quadro generale. Quale forma aveva avuto la democrazia parlamentare sino a quel momento? Come si configurava il ruolo dello Stato? C’è una differenza tra il dossier Fiat e quello - per fare un esempio - Mediaset (Fininvest)? Quali sono stati i partiti che ricevevano finanziamenti esteri e chi partecipava alla questua homemade? Craxi è stato condannato in via definitiva a dieci anni per corruzione e finanziamento illecito (5 anni e 6 mesi per le tangenti Eni-Sai; 4 anni e 6 mesi per quelle della Metropolitana milanese) questo è un fatto di cronaca giudiziaria e rimane un punto ineludibile, un fatto inconfutabile che consegna alla storia una certezza: Bettino Craxi, non certo da solo, ha commesso dei reati per i quali è stato perseguito dalla giustizia e condannato da un regolare processo.

Se non mettiamo un punto fermo su questo rischiamo di scivolare nella partigianeria da stadio, il che renderebbe tutto molto poco interessante. L’elemento che invece Cazzullo fa emergere nel suo libro - o almeno quello che io ho respirato tra quelle pagine così dense di storia e fotografie di archivio - è la cornice storica che si intreccia con l’antropologia di una generazione che aveva la guerra negli occhi (la leva nata tra gli anni ‘30 e ‘40 del ‘900) troppo giovane per aver partecipato attivamente alla guerra di resistenza ma decisamente attrezzata e incline ad averne respirato virtù e principi. La democrazia come elemento di conquista finale di un confronto aspro, violento e perfino fratricida.

La libertà che si conquista con la lotta per il potere e la supremazia delle idee. Strumenti che animano sin dal principio i passi di un leader che farà della guerra al Comunismo (definito come il male assoluto) la madre di tutte le battaglie e il collante di tutte le alleanze. Ragionando sul principio di errore - escludendo la colpa che richiama ad un sistema giudiziario e ammicca alla morale - da attribuire al percorso politico del partito socialista e di tutto l’arco parlamentare, un errore che definirei strategico, rimane sul tavolo quello di non aver mai sciolto il nodo del finanziamento ai partiti.

Recentemente il caso dell’ex Presidente della Regione Liguria Giovanni Toti offre a distanza di più di trent’anni un altro caso di scuola che sottolinea il confine labile e opaco tra quello che è lecito e quello che non lo è. Tra quello che si può e non si può fare. La politica costa, la democrazia ha dei costi, continuare a mettere la testa sotto la sabbia condannerà tutto il sistema politico ad un’andatura incerta se non addirittura claudicante.
Il sotteso di questo bellissimo volume insiste su una ricerca precisa che in senso storico intreccia i fatti privati con la pubblica direzione della politica.

Emerge più volte la sensazione che dentro quella rivoluzione politica di pensiero germogliasse la capacità (tema di attualità politica e geopolitica) di costruire un altro blocco rispetto a quello che era stato il modello figlio del bipolarismo mondiale che morirà sotto i calcinacci del muro di Berlino nel 1989. Una via diversa (non la chiamo volutamente terza via perché Tony Blair qua non c’entra proprio niente) che aveva l’obiettivo di organizzare una nuova grammatica che da una parte non stesse dentro l’epica del mondo demitizzato del blocco comunista e dall’altra non stesse in un concetto di destino incardinato dentro una logica di governo che aveva esasperato il principio di delega dando la percezione di voler ingessare - o ritardare - il cammino della storia. La potenza di quella intuizione si traduce nella ricerca spasmodica e incessante di una prospettiva diversa sempre saldamente ancorato alla famiglia del partito socialista europeo. Non proprio una robetta da poco.

Il gusto amaro che ritorna sempre rileggendo quel pezzo di storia è rappresentato dal fatto che in quella stagione hanno vinto i vigliacchi. Tanti si intrecciarono con quella storia e quasi tutti si girarono dall’altra parte. Craxi rappresentava convintamente la cultura autonomista del partito ma aveva un dialogo aperto e libero con la corrente migliorista del partito comunista (che al momento opportuno si giró dall’altra parte) e con la corrente conservatrice, e non solo, della democrazia cristiana non escludendo mai neanche un minuto anche il dialogo con la tradizione repubblicana. Un ceppo che saprà ritrovare un suo spazio sotto la gonna del civismo in tante amministrazioni locali, compresa la nostra, con l’elezione a Sindaco della Spezia di Lucio Rosaia nel 1993.

Quello di Craxi è stato a tutti gli effetti un fenomeno di nuovo socialismo che diventerà pivotale nel sistema politico scrivendo le nuove regole del gioco democratico. L’intuizione di tenere la linea del dialogo e della trattativa durante il rapimento Moro rappresenta un passaggio prezioso - che merita di essere sottolineato - delle tante e diverse scelte di campo fatte. Mentre il Partito Comunista e la Democrazia Cristiana (per ragioni diverse ma speculari) agitavano la bandiera della ragion di stato e buona parte dei ceti intellettuali e borghesi si appollaiavano sulla posizione del “né con lo Stato né con le BR” c’era chi, Craxi in testa, tentava di riallacciare un filo con la storia rilanciando un’altra funzione di Stato: le istituzioni difendono la vita e la libertà ad ogni costo contro ogni tipo di violenza.

Così facendo aveva tradotto diversamente l’arte della politica, disciplina che in maniera più ruvida Formica ha definito come sangue e merda. Una spinta verso una matrice liberale che guardava allo stato sociale come strumento per rafforzare la tenuta di un paese che stava affrontando rigurgiti reazionari e ipotizzando (nuovamente) la via alla rivoluzione. Rimane indelebile nella storia di questo paese un terremoto - politico e giudiziario - dai contorni tutti italici che è racchiuso qui, in questo discorso pronunciato il 3 luglio 1992. Bettino Craxi si alza alla Camera e pronuncia queste parole: «Ciò che bisogna dire, e che tutti sanno del resto, è che buona parte del finanziamento politico è irregolare o illegale. I partiti, specie quelli che contano su apparati grandi, medi o piccoli, giornali, attività propagandistiche, promozionali e associative e con essi molte e varie strutture politiche e operative, hanno ricorso e ricorrono all'uso di risorse aggiuntive, in forma irregolare o illegale. Se gran parte di questa materia deve essere considerata materia puramente criminale, allora gran parte del sistema sarebbe un sistema criminale. Non credo che ci sia nessuno in quest'aula, responsabile politico di organizzazioni importanti, che possa alzarsi e pronunciare un giuramento in senso contrario a quanto affermo: perché presto o tardi i fatti si incaricherebbero di dichiararlo spergiuro». Nessuno si alza, nessuno giura. Tutti tacciono.

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