Paolo Asti, giornalista, esperto d’arte e promotore culturale alla Spezia, è anche ideatore del progetto Starté, iniziativa che mira a portare l’arte nello spazio urbano come strumento di rigenerazione sociale. Lo abbiamo intervistato in merito a una novità di portata nazionale: la riduzione dell’IVA al 5% per la vendita delle opere d’arte. La proposta era stata presentata dalla Commissione Cultura della Camera dei Deputati, che aveva fatto proprie le istanze degli operatori. Una volta passata in Parlamento, la misura è ora stata approvata anche dal Governo.
Paolo, come valuti questa decisione della Commissione Cultura?
La definirei un passo storico. È una misura che il mondo dell’arte aspettava da anni. L’abbassamento dell’IVA sulle opere d’arte al 5% non è soltanto un vantaggio fiscale: è un segnale politico e culturale fortissimo. Vuol dire riconoscere all’arte il suo ruolo economico e simbolico nel tessuto del Paese.
Quali sono, secondo te, le ricadute immediate di questa misura?
Prima di tutto, una maggiore competitività del mercato italiano rispetto agli altri paesi europei. Finora acquistare arte in Italia era fiscalmente meno conveniente che in Francia o in Germania. Ora siamo in linea con gli standard internazionali, e questo può significare più compravendite, più collezionisti, più movimento economico nel settore. In un certo senso questa misura ci avvantaggia: con l'IVA al 5%, acquistare in Italia sarà più conveniente rispetto alla Francia, dove l'IVA è al 5,5%, e alla Germania, dove si attesta al 6%.
Ma non si tratta solo di economia, giusto?
Assolutamente. C’è anche un risvolto culturale importante: questa decisione avvicina l’arte al pubblico. Un’opera d’arte può diventare più accessibile, anche per giovani collezionisti o semplici appassionati. Ma soprattutto, è un riconoscimento per gli artisti: li si tratta non solo come produttori di bellezza, ma come attori economici e culturali a tutti gli effetti.
Il mondo della cultura ha accolto con favore la notizia?
Direi con entusiasmo. Era da tempo che si chiedeva un cambio di rotta. Va dato merito alla Commissione Cultura della Camera, che ha ascoltato le istanze del settore e ha saputo intervenire concretamente. Questo è un esempio di politica culturale efficace, che parte da un’esigenza reale e costruisce strumenti concreti.
Un grazie sincero va a Federico Mollicone, presidente della Commissione Cultura, per aver portato avanti con determinazione questa battaglia culturale e fiscale. E un riconoscimento speciale anche all’onorevole Alessandro Amorese, che si è dimostrato vicino alle esigenze del mondo dell’arte e ha sostenuto convintamente questo percorso. Hanno entrambi dimostrato che la cultura può e deve essere parte della strategia politica nazionale.
In che modo questa misura si collega a progetti come Starté?
Starté nasce per portare l’arte fuori dai circuiti chiusi, renderla parte della vita quotidiana, dello spazio urbano. Una fiscalità più favorevole può spingere anche le realtà locali a investire di più in cultura. È un segnale che può attivare sinergie virtuose tra artisti, galleristi, istituzioni, mecenati e cittadini.
Qual è il messaggio più forte di questo provvedimento?
Che l’arte non è un lusso, ma un valore. E come tale va sostenuta. La cultura crea identità, coesione, sviluppo. Riconoscerlo anche a livello fiscale vuol dire dare dignità a un intero settore e offrire a chi lo anima – artisti, curatori, operatori, collezionisti – un contesto più giusto e competitivo.