La ciclicità nei rapporti tossici è una dinamica devastante: ti consuma ma non riesci a tirartene via facilmente. Aurora, giovane cantante spezzina, riassume all’interno della sua ultima creazione musicale, la natura di questa “stringente gabbia psichica”, a cui, almeno una volta nella vita, ci siamo sentiti sottomessi. Attualmente impegnata al SUPER G di Cervinia in qualità di performer, Auror, ha risposto ad alcune nostre domande atte ad approfondire le profonde tematiche del suo singolo.-
Quanto, l’immobilismo simile alle statue che citi, è una dinamica salvifica e quanto invece una dinamica tossica per la nostra crescita come individui nella sfera relazionale?
Stare immobili non significa necessariamente essere fermi in un processo di crescita. In natura, l’immobilità è spesso una strategia di sopravvivenza, un modo per osservare, valutare e scegliere il momento giusto per agire. Anche per l’essere umano, può essere uno spazio prezioso di introspezione e consapevolezza. Tuttavia, questa riflessione può portare a rendersi conto che una determinata situazione non è più positiva o che non offre reali possibilità di evoluzione. La differenza sta nel riuscire a trasformare quell’immobilità in un momento di ascolto, piuttosto che in una condizione di blocco. Se porta chiarezza e una nuova direzione, allora può essere utile. Se invece diventa solo un peso che impedisce il cambiamento, rischia di essere limitante
Sempre rispetto all’individualità̀, quanto è importante, in questo continuo ciclo vittima/carnefice, scegliere di preservare sé stessi, e quanto, invece, la coppia?
La cura della coppia è importante, ma non può avvenire a discapito del singolo. In una dinamica di coppia sana, il benessere individuale e quello condiviso dovrebbero nutrirsi a vicenda, senza che uno svuoti l’altro. Anzi, la coppia dovrebbe quanto più godere dello stare bene del singolo. Se prendersi cura dell’altro significa sacrificare completamente il proprio equilibrio, si rischia di entrare in una spirale di esaurimento che porta solo frustrazione e squilibri. Un organismo sano ha l’energia per dare in modo positivo, senza che questo diventi un atto di auto-annullamento. Il rischio nel ciclo vittima/carnefice è proprio questo: perdere di vista il proprio valore nel tentativo di salvare o trattenere l’altro. Preservare sé stessi non significa essere egoisti, ma riconoscere che una relazione può davvero funzionare solo quando entrambi gli individui trovano uno spazio per crescere senza soffocarsi a vicenda, ma accompagnandosi e condividendo questo cammino.
Si parla anche di guardare malinconicamente gli altri come “modello di una felicità riuscita e raggiunta”. Quanto crearsi un’idea della vita degli altri condiziona la nostra?
Oggi è più facile che mai avere sotto gli occhi la vita degli altri, ma molto più difficile distinguere ciò che è reale da ciò che è solo una rappresentazione, spesso idealizzata. Guardare con malinconia la felicità altrui può essere naturale, ma diventa un problema quando ci porta a svalutare la nostra esperienza, dimenticando che ognuno vive anche difficoltà che spesso restano invisibili. Il confronto, se usato in modo sano, può essere utile per riconoscere quando siamo bloccati in una situazione che non ci fa più bene e può spingerci al cambiamento. Ma deve essere uno stimolo, non un’ossessione. Il rischio è costruire un’immagine della felicità basata sugli altri e non su ciò che ci rende realmente sereni. In fondo, nessuna vita è davvero perfetta, e imparare a vedere il valore del nostro percorso è essenziale per non restare intrappolati in paragoni distruttivi.
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