La querelle, che si ripete ormai da più di venti anni, sta diventando stucchevole e monotona: qualcuno vuole fare intendere che la questione dei balneari rivesta importanza analoga agli scenari di guerra e agli ordinari fatti di sangue. Il peso dei bagnini nell'equilibrio del mondo è tale da far sospettare che dietro a tanta agitazione ci sia qualche potente zampino interessato a far man bassa di circa ottomila chilometri di coste marine italiane.
Qui un primo inciso: nella ridente Europa – unita per altri, ma non per noi – è sufficiente mostrare interesse per un'attività da parte di uno straniero (meglio se italiano) che lo stato 'depredato' richiama l'incedibilità di quella azienda per golden power, ovvero interesse supremo nazionale. L'Italia sarà presto costretta ad affidare agli appetiti internazionali ogni centimetro o quasi dei Patri Confini, e non vola una mosca. Volano anzi i picconatori televisivi che, in vacanza a Naxos, denunciano il lavoro balneare di trentamila famiglie italiane come 'illogico e non allineato con l'Europa'.
Provi il geologo Tozzi a spiegare l'economia balneare a un cittadino delle coste nordiche europee e credo che neppure la sua picozza riuscirà a far capire che quel mestiere unico nasce solo in Italia perché l'Italia ha peculiarità irripetibili che il mondo ci invidia. Che gli italiani si sono inventati, a suon di lavoro e ingegno, il turismo balneare quasi tre secoli orsono. Da allora, i concessionari hanno continuato a migliorarsi, gestendo flussi turistici che vedono i vacanzieri trascorrere in località costiere quattro giorni su nove e usufruire delle possibilità offerte dalle strutture balneari, contribuendo a un cespite notevole del PIL (10-13%). Dobbiamo adesso regalare tutto questo alla prima multinazionale che passa e che, se non è già esentata dal pagamento delle tasse per incomprensibili 'favori' internazionali, trasferisce i suoi utili in inaccessibili paradisi fiscali facendo sberleffi all'erario e ai concessionari usurpati.
Provi, ogni detrattore del lavoro altrui, a capire che il canone d'affitto versato dai concessionari è ciò che l'affittuario (lo Stato) chiede a suo insindacabile giudizio. Quello stesso Stato che è il maggiore azionista di ogni impresa familiare balneare: se le cose vanno bene, l'erario si metterà in tasca la metà dei guadagni senza colpo ferire.
È anche stucchevole la campagna di stampa che vede sempre e solo intervistati i pochissimi stabilimenti balneari di extra lusso con prezzi da capogiro. La realtà non è così: anche nel Belpaese ci sono spiagge accessibili con dieci euro per due sedute e un ombrellone, mentre la media nazionale si aggira sui 30-40 euro. Provi ogni detrattore a non credere ai falsi scenari di maggiore libertà a prezzi inferiori: i regolamenti voluti dai potenti governatori dei politici si faranno sempre più restrittivi e i nuovi concessionari, per ammortizzare attrezzature e canoni, saranno obbligati ad aumentare i prezzi. Anche se, in barba a ogni legge, chi arriverà facendo man bassa di secoli di sacrifici, si arricchirà indebitamente delle strutture fisse e dell'avviamento d'azienda di chi lo ha preceduto.
In tutto questo, tra gli schiamazzi di chi non vede la realtà e insensate passerelle televisive, in pericolo ci sono i posti di lavoro di trentamila famiglie di concessionari italiani, e non solo. Purtroppo per loro, pare che la politica, dopo aver sostenuto i diritti dei concessionari cambiando parere come banderuola al vento, oggi non risponda neppure agli appelli di chi vede vite intere di lavoro vanificarsi per interessi poco chiari. In fondo, in ballo ci sono 'solo' pochi granelli di sabbia brulla. Sabbia che il lavoro dei concessionari ha trasformato alla luce del sole in strutture moderne e accoglienti. A minacciare un'attività - legale, controllata e incentivata dalle istituzioni - quelli che, forti del loro potere economico e politico, vogliono conquistare castelli (di sabbia) senza neppure muovere un dito. State attenti, italiani: modificare questa ingiustizia a giochi fatti, risulterà impossibile.
Marco Buticchi
ex presidente di Fipe La Spezia







