Il Museo Tecnico Navale, nel suo centenario, continua a raccontare la scienza e la cultura del mare. Questa mattina, giovedì 9 ottobre, nella storica sala del museo, l’incontro dedicato alla cartografia nautica, tra memoria e innovazione, realizzato nell’ambito del ciclo di seminari “Rotte di conoscenza”.
Protagonisti della mattinata sono stati la dottoressa Francesca Guastalli, Presidente del Centro Studi Storici “Alessandro Malaspina”, che ha introdotto la figura appunto del grande esploratore Alessandro Malaspina, e il Capitano di Vascello Francesco Tocci dell’Istituto Idrografico della Marina, che ha illustrato la lunga storia della cartografia, dalle prime mappe del Mediterraneo fino alle moderne carte elettroniche.
Guastalli ha aperto l’incontro delineando la figura di Malaspina, nato a Mulazzo nel 1754, ufficiale di Marina, scienziato e uomo di cultura del Settecento, ha evidenziato il suo ruolo di precursore della ricerca oceanografica e geografica. La sua grande spedizione intorno al mondo, condotta tra il 1789 e il 1794 a bordo delle corvette Descubierta e Atrevida, rappresentò una straordinaria impresa di conoscenza, animata dallo spirito illuminista di osservazione e confronto tra popoli, mari e continenti.
Malaspina aveva convinto re Carlo III che una tale spedizione avrebbe rafforzato molto la Spagna, nonché permesso di approfondire la conoscenza del suo impero. Il re lo appoggiò.
Malaspina — ha spiegato Guastalli — univa in sé il rigore del navigatore e la curiosità del filosofo. Non era solo un uomo di mare: era interessato alla geografia, alla botanica, alla zoologia e alle osservazioni astronomiche. Durante la spedizione, il suo equipaggio raccolse dati sulle correnti oceaniche, sulle specie marine e terrestri, sulle popolazioni locali e sulle pratiche commerciali e culturali dei territori visitati. Guastalli ha sottolineato che Malaspina annotava tutto con straordinaria precisione, producendo un corpus di mappe e di diari che, pur rimasto in gran parte sconosciuto per decenni, ha costituito una base fondamentale per le esplorazioni successive.
Tra gli aneddoti citati da Guastalli, emerge il viaggio nelle coste del Pacifico e del Sudamerica: Malaspina e il suo equipaggio studiarono la corrente del Perù, osservando fenomeni naturali che oggi chiameremmo “El Niño”. In Tasmania e Nuova Zelanda, il suo lavoro anticipò le successive rilevazioni cartografiche degli inglesi, ma con un approccio scientifico più sistematico. La dottoressa ha evidenziato come Malaspina fosse profondamente rispettoso delle culture incontrate, prendendo nota di lingue, usi e tradizioni, e documentando le interazioni tra popolazioni indigene e colonizzatori europei.
Inoltre, non essendo ovviamente ancora stata inventata la fotografia, Malaspina portò con sé alcuni pittori e altri li prendeva direttamente nei luoghi esplorati. Il risultato fu un’interessantissima raccolta di immagini che raccontavano gli usi e i costumi delle popolazioni che abitavano le terre raggiunte da Malaspina, sia di coloni di seconda generazione nati direttamente in quei luoghi, sia degli indigeni.
Il racconto di Guastalli ha anche toccato la dimensione personale di Malaspina: uomo di visione e ambizione, ma consapevole dei rischi e delle tensioni politiche del suo tempo. La sua carriera fu segnata dal confronto con la politica spagnola, ma il suo desiderio di esplorazione e di conoscenza scientifica non venne mai meno. Secondo la relatrice, questa tensione tra missione scientifica e realtà politica rende la sua figura straordinariamente attuale: la cartografia non era solo tecnica, ma mezzo di comprensione globale, ponte tra scienza, politica e cultura.
Rientrato in patria Malaspina venne imprigionato da Carlo IV, successore di a Carlo II, che per le idee illuminate lo considerò un rivoluzionario. Le sue carte, se pubblicate, comparvero con il nome delle navi che aveva comandato o del suo cartografo che, una volta che Malaspina venne incarcerato, scappò in Inghilterra. Per questo motivo, molte delle carte di Malaspina oggi sono esposte al British Museum, oltre che a Madrid.
Guastalli ha concluso il suo intervento sottolineando come Malaspina rappresenti un modello: uno spirito curioso e metodico, capace di osservare, descrivere e condividere. La sua eredità, oggi custodita in documenti, mappe e manoscritti, è testimone del legame profondo tra il mare e la conoscenza, tra l’arte della navigazione e la scienza della scoperta.
LA STORIA DELLA CARTOGRAFIA NAUTICA
Dopo l’intervento della dott.ssa Guastalli, il Capitano di Vascello Francesco Tocci ha guidato i presenti in un vero e proprio viaggio nella storia della cartografia nautica, dalle origini fino ai sistemi digitali contemporanei.
Ha ricordato che la necessità di disegnare il mare è antica quanto la navigazione stessa. I primi tentativi di rappresentazione risalgono al mondo greco e romano, ma furono i portolani medievali a segnare la prima vera rivoluzione: carte nate dall’esperienza diretta dei marinai, tracciate su pergamena e arricchite da un fitto reticolo di linee di rotta, le rhumb lines, che permettevano di orientarsi seguendo la bussola.
Tra gli esempi più antichi citati dal Capitano Francesco Tocci, un ruolo speciale ha avuto la Carta Pisana, databile intorno al 1275–1290 e oggi conservata alla Bibliothèque Nationale de France. È considerata la più antica carta nautica europea conosciuta e rappresenta con sorprendente precisione le coste del Mediterraneo e parte dell’Atlantico. Tocci ha spiegato che la Carta Pisana segna il passaggio dalla rappresentazione simbolica medievale alla cartografia scientifica, perché basata su osservazioni dirette di rotta, distanze e punti cardinali, frutto dell’esperienza pratica dei marinai. La fitta rete di linee di direzione, o lossodromie, e l’introduzione di scale proporzionali di distanza testimoniano un sapere tecnico già avanzato, destinato a evolversi nelle successive carte portolane e a costituire il fondamento della moderna cartografia nautica.
Tocci ha spiegato come, dal XIII secolo, città marinare come Genova, Venezia e Amalfi divennero i centri principali di produzione cartografica. Le loro botteghe elaborarono rappresentazioni sempre più accurate del Mediterraneo, spesso realizzate da maestri anonimi, ma capaci di coniugare esperienza empirica e sensibilità artistica. Tra gli esempi più celebri ha ricordato l’Atlante Catalano del 1375, un capolavoro che unisce informazioni nautiche e visione del mondo, testimonianza della fusione tra scienza e cultura.
Con il Rinascimento, la cartografia conobbe un salto qualitativo grazie alle nuove conoscenze astronomiche e matematiche. Il Capitano Tocci ha ricordato il contributo di Gerardo Mercatore, che nel 1569 introdusse la proiezione cilindrica che porta il suo nome, ancora oggi base delle carte nautiche moderne. Da allora, la rappresentazione del mare divenne sempre più precisa, alimentata dall’espansione dei commerci e delle esplorazioni oceaniche.
Proseguendo nel suo intervento, il Capitano Francesco Tocci ha spiegato come, dopo le prime carte portolane, la navigazione europea compì un decisivo passo avanti grazie alla determinazione della latitudine e della longitudine, elementi fondamentali per stabilire la posizione di una nave in mare aperto.
La latitudine, ha ricordato, poteva essere calcolata già dal XVI secolo con buona precisione osservando l’altezza del Sole a mezzogiorno o quella della Stella Polare sull’orizzonte, grazie a strumenti come l’astrolabio, il quadrante o, più tardi, il sestante. La longitudine, invece, rappresentò per secoli una sfida ben più complessa: solo con l’invenzione del cronometro marino di John Harrison, a metà del Settecento, divenne possibile confrontare l’ora locale con quella del meridiano di riferimento e calcolare così la distanza est-ovest con precisione.
Tocci ha poi evidenziato un altro aspetto fondamentale: l’orientamento delle carte nautiche. Le più antiche, come la Carta Pisana, erano orientate verso sud — una scelta che rifletteva la prospettiva dei navigatori del Mediterraneo, abituati a guardare verso le rotte africane e levantine. Con l’evoluzione della cartografia e la diffusione della bussola magnetica, l’orientamento si spostò progressivamente verso nord, convenzione che divenne definitiva tra il XIV e il XV secolo e che ancora oggi caratterizza la rappresentazione geografica del mondo.
Questo cambiamento, ha spiegato Tocci, non fu solo una questione grafica: segnò una vera rivoluzione concettuale, perché impose un riferimento stabile e universale, facilitando la lettura delle carte e la pianificazione delle rotte su scala globale.
L’intervento ha poi sottolineato come ogni epoca abbia lasciato la propria impronta nella storia delle carte. Con l’età moderna e la nascita delle marinerie nazionali, la cartografia divenne anche strumento strategico. Nel XIX secolo, con l’Unità d’Italia, nacque l’Istituto Idrografico della Marina, fondato a Genova nel 1872, che ancora oggi è il centro di eccellenza nazionale per il rilievo, la produzione e l’aggiornamento delle carte nautiche.
Tocci ha spiegato come il lavoro dell’Istituto si basi su un complesso sistema di rilievi e verifiche: dai tradizionali rilievi batimetrici alle tecniche moderne basate su sonar, lidar e osservazioni satellitari. Ogni carta, anche nell’era digitale, resta il risultato di un metodo scientifico rigoroso e del contributo di molte professionalità: idrografi, tecnici, ufficiali, scienziati del mare.
Il relatore ha accompagnato il pubblico in un percorso che arriva fino ai giorni nostri, con l’introduzione delle carte elettroniche di navigazione (ENC), veri e propri database digitali che integrano informazioni geografiche, batimetriche e meteorologiche aggiornate in tempo reale. Strumenti indispensabili per la sicurezza della navigazione, ma anche evoluzione coerente di un sapere antico.
Tocci ha sottolineato come l’avvento delle tecnologie satellitari non abbia cancellato il valore della cartografia tradizionale. Al contrario, le nuove carte digitali sono il proseguimento di una lunga linea di conoscenza che parte dalle pergamene dei portolani e arriva fino agli schermi multifunzione dei ponti di comando. La precisione scientifica, la necessità di aggiornamento continuo e la rappresentazione del mare come sistema dinamico restano i capisaldi di una tradizione viva.







