Laura Marinaro è una giornalista che da molti anni si occupa di casi di cronaca nera. Da qualche mese, in collaborazione con la criminologa Roberta Bruzzone, ha pubblicato il volume "Narcisismo mortale - il caso di Giulia Tramontano". Un testo in cui le due autrici si completano, raccontando con precisione scientifica i fatti accaduti: Laura, con rigore giornalistico, spiega gli eventi citando anche le carte processuali, Roberta traccia il profilo psicologico di coloro coinvolti nel caso.
Questa sera alle 17.45, presso la sede di Confindustria La Spezia, la giornalista metterà a confronto i due casi di femminicidio di Giulia Tramontano e Giulia Cecchettin.
Laura come è nata la collaborazione con Roberta Bruzzone?
Ho iniziato a fare questo mestiere nel '92 con Tangentopoli, lavoravo a "La Notte", l'ultimo giornale del pomeriggio in Italia. Tuttavia da bambina leggevo solo gialli, ero appassionata di cronaca nera, per cui era quello che volevo fare. Così, dopo tanti anni di cronaca nera e giudiziaria come giornalista sul territorio, in particolare a Monza e Milano, ho scoperto che la Bruzzone teneva un Master sulle Scienze Forensi dal tema "Sopralluogo sulla scena del crimine".
Conoscevo Roberta, collabora con "Giallo", la stessa testata con cui collaboro io dal 2013, l'ho chiamata e le ho detto che mi sarebbe piaciuto partecipare al corso. Lei ha risposto che ovviamente non avrei potuto fare il consulente tecnico perché laureata in lettere, però secondo lei un corso così avrebbe potuto aiutarmi. Ho iniziato così a frequentare il Master che è durato più o meno un anno, da ottobre a maggio, una volta al mese andavo a Roma. Un corso molto pratico sui casi, dove abbiamo esaminato le scene del crimine e imparato la pratica, oltre che il linguaggio tecnico giuridico che viene applicato di volta in volta alla genetica, all'antropologia forense, all'archeologia forense, quindi devo dire che mi è servito.
Alla fine del corso dovevamo fare una tesi approfondendo un caso, magari un cold case, allora ho detto a Roberta quale argomento avrei potuto trattare e lei mi ha detto: "Io e te scriviamo il libro su Yara" e così è stato.
La vostra collaborazione ha portato alla pubblicazione di un primo libro sul caso di Yara Gambirasio e questo secondo sul caso di Giulia Tramontano. Un approccio che definirei scientifico, tu dal punto di vista giornalistico e di una cronaca puntuale e rigorosa e Roberta Bruzzone da quello della tracciatura psicologica delle persone implicate nei due casi. Nello scrivere i due volumi, avete notato delle caratteristiche ricorrenti nelle azioni che hanno portato ai due delitti e nei profili psicologici di chi è stato coinvolto?
Sono due delitti completamente diversi: uno è di fatto un femminicidio, quello di Giulia Tramontano, l'altro è un'azione di un child molester regressivo, un pedofilo vero e proprio. Però diciamo che dei punti di contatto ci sono, perché la personalità di Bossetti come è stata descritta da Roberta Bruzzone, è comunque una personalità narcisistica di una persona assolutamente senza empatia, tra l'altro chiamata "Il favola" e altamente bugiarda, così come Impagnatiello, che ha usato le sue bugie per tenere due relazioni contemporaneamente. Bossetti invece le bugie le ha dette prima e dopo, perché ad un certo punto con una prova incontrovertibile come quella di un DNA nucleare sugli slip della bambina, avrebbe dovuto forse, scegliendo magari un rito abbreviato condizionato ad una ripetizione del test, ammettere di essere stato sulla scena in qualche modo, ma non l'ha fatto e ha continuato a mentire. Comunque, un profilo sicuramente di patologia narcisistica c'è, malgrado Bossetti sia un pedofilo con interessi di un certo tipo, Impagnatiello è invece un narcisista patologico maligno Overt.
Purtroppo la lotta contro la violenza sulle donne è ancora una battaglia aperta. Quanto il cambiamento del ruolo della donna nella società influisce su quanto sta accadendo?
Noi italiani siamo arrivati molto tardi su certe conquiste, visto che fino all'81 c'era il delitto d'onore, quindi le donne erano altro che sottomesse. C'è stata una rivalsa delle donne giusta, anche se sappiamo bene che non in tutti i settori è così: quanti direttori di giornale donne ci sono? Pochissime. Quante dirigenti ci sono? Abbiamo un Presidente del Consiglio donna, qualche rettrice di Università, però siamo molto indietro. Le statistiche lo dicono: a fronte dello stesso incarico, le donne vengono pagate meno.
Ma quello che più che altro caratterizza la nostra cultura, e per cui secondo me questa lotta è durissima, è il fatto che non abbiamo ancora del tutto abbandonato la cultura del patriarcato. Ha ragione Elena Cecchettin, è il tratto della nostra cultura secondo il quale le mamme hanno cresciuto Alessandro Impagnatiello, Filippo Turetta e Bossetti, e tanti altri uomini che maltrattano le mogli, perché è normale così. Pensiamo a Salvatore Parolisi, che per esempio riteneva che Melania non dovesse lavorare, non dovesse fare niente, poi dopo si lamentava perché non lavorava.
Questo è un corto circuito, la cosa peggiore è che in sempre più giovani, in sempre più minori, notiamo questo atteggiamento. Lo vediamo nelle ragazze che a 13 - 15 anni ritengono che sia normale che il proprio fidanzatino gli controlli il cellulare, che pensano che quello sia amore, che il geolocalizzare e dire dove sono e cosa fanno al fidanzatino significa che lui è interessato veramente, no! Questo è il messaggio che dobbiamo dare, dobbiamo partire da questo, siamo solo all'inizio di questa battaglia, ora che questo si sta capendo, finora la lotta alla violenza sulle donne veniva fatta in modo sbagliato. Secondo me invece è questo che bisogna fare, è questo che sta facendo Roberta col suo spettacolo "Favole da incubo", con gli incontri nelle scuole di Gino Cecchettin, della sorella di Giulia Tramontano, di noi tutti i giornalisti impegnati, delle associazioni.
Dico alle mamme dei figli maschi, di smetterla di trattarli come principini, così come era trattato Alessandro Impagnatiello, quelli che uccidono oggi per la maggior parte sono soggetti assolutamente insospettabili. Ricordiamoci il papà di Filippo Turetta che intercettato in carcere gli dice "Cosa vuoi che sia ce ne sono altri 200, adesso pensa a laurearti", sminuendo tutti i femminicidi che ci sono stati, lui dice che l'ha fatto perché aveva paura che il figlio compisse qualche gesto estremo, ma in realtà è proprio un messaggio sbagliato e tante mamme mandano questi messaggi ai figli maschi.
Quanto è importante testimoniare quanto è accaduto, a partire dalle nuove generazioni? Quale può essere un modo incisivo per portare la comunità a riflettere in maniera incisiva affinché quanto sta accadendo non succeda più?
Da giornalista ti dico che il modo più efficace secondo me è proprio quello di raccontare queste storie così come sono, anche se sono crude, anche nelle scuole, perché solo così si può capire dove si va a finire quando qualcuno inizia a subissarti di messaggi, a stressarti come faceva Turetta. E' l'unico modo per mettere davanti alla realtà, perché il male è più banale di quanto possiamo immaginare. E poi, denunciare sempre, ultimamente le forze dell'ordine stanno facendo tanti corsi di formazione su questo tema, sono più abituati a ricevere le denunce. Sappiate che se vedo che una mia amica è molestata in qualche modo, anche solo psicologicamente, posso denunciare da terza, prima non si poteva fare, il "Codice Rosso" ha introdotto tante attenzioni ai reati spia. Poi purtroppo ci sono le distorsioni, ci sono anche delle mancanze di fondi.
Potresti dare qualche anticipazione sulla presentazione di questo pomeriggio?
Non sarà una presentazione classica, ma un reading in cui racconto due storie di narcisismo, che sono appunto quelle di Giulia Tramontano e Giulia Cecchettin, anche se su quest'ultima non ho scritto il libro.
In futuro avete altri progetti di collaborazione con Roberta Bruzzone?
Avremmo un progetto sulla maternità criminale, dove vogliamo raccontare le storie della Franzoni, della Panariello, della Pifferi e della Petrolini, delle mamme assassine che ci hanno colpito di più. Probabilmente inizieremo a scrivere quest'estate.