Il 10 aprile, il Rotary Club della Spezia ha invitato Sandro Carniel, oceanologo di fama internazionale, Dirigente di Ricerca
Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Scienze Polari, che ha parlato di oceani e crisi climatica.
L'argomento è quanto mai attuale e Sandro Carniel ha fornito dati davvero impressionanti sui cambiamenti climatici che si stanno verificando sul nostro pianeta.
Durante la presentazione ha detto una frase interessante: "noi non dobbiamo salvare il pianeta, perchè il pianeta si salverà da solo. Il nostro compito è salvare gli esseri viventi che lo popolano".
Questo un estratto della sua relazione "L’onda lunga del riscaldamento climatico"
Una spirale che si autoalimenta
Negli ultimi cento anni, l’accumulo in atmosfera di gas serra di origine antropica ha generato un surplus di energia e calore che è all’origine del riscaldamento globale. Ciò che spesso si dimentica però è che oltre il 90% di questa energia in eccesso non è rimasta nell’aria, ma è stata assorbita dagli oceani. Grazie alla loro enorme capacità di “tamponamento”, il nostro pianeta ha potuto rallentare gli effetti più devastanti del global warming (riscaldamento globale). Ma ora, questo stesso sforzo sta mettendo a dura prova gli oceani, che si trovano sempre più stremati.
Fusione accelerata dei ghiacci, innalzamento del livello del mare, diminuzione dell’ossigeno negli strati profondi, cambiamento delle correnti che stabilizzano il clima terreste, accelerazione del ciclo idrologico e aumento degli eventi estremi. Sono solo alcuni dei segnali di una crisi climatica che investe in pieno i nostri oceani, alimentata da potenti meccanismi di retroazione.
Il grande assente
Per lungo tempo, il rapporto tra oceano e clima è stato marginalizzato nell’analisi della crisi climatica, complice una visione riduzionistica che ha faticato a cogliere la “complessità” del sistema. Invece, nel clima terrestre tutto è interconnesso: atmosfera, correnti, onde, ghiacci, oceani comunicano tra loro in un linguaggio che pochi ancora, anche tra gli scienziati, vogliono davvero decifrare. Recuperare questa dimensione sistemica è fondamentale se vogliamo costruire una visione più completa e coerente della sfida che ci attende.
Giganti incompresi
Subito oltre la sottile fascia costiera abitata dall’uomo si estende un mondo vasto, profondo, dinamico. Eppure, per anni, i mari sono stati considerati come entità lente, quasi immobili. Uno stereotipo che ha distolto l’attenzione dagli effetti collaterali di un oceano “sacrificato” all’assorbimento dell’anidride carbonica atmosferica, che ha ormai superato le 420 parti per milione – un valore che non si registrava da oltre un milione di anni.
Senza il mare, la temperatura media superficiale globale, già salita di circa 1 °C rispetto all’epoca preindustriale (e addirittura di oltre 1.5 °C nel corso del 2024), sarebbe molto più alta. Ma questo contributo ha un prezzo: negli ultimi 40 anni, gli strati superficiali dell’oceano si sono riscaldati di circa mezzo grado. L’acqua, dilatandosi con il calore, innalza il livello medio del mare di oltre 3,5 millimetri all’anno – un ritmo che sta accelerando, tanto da far ritenere virtualmente certo un aumento medio di 80-100 cm entro la fine del secolo. Una minaccia concreta per le zone costiere e per centinaia di milioni di persone che le abitano.
Un equilibrio che si spezza
Lo scioglimento progressivo delle calotte glaciali – solo dalla Groenlandia si perdono ogni anno 9 miliardi di chilogrammi di ghiaccio al secondo – contribuisce ulteriormente all’innalzamento del livello del mare. Ma non solo: il massiccio apporto di acqua dolce sta alterando i grandi circuiti di circolazione oceanica, pilastri dell’attuale equilibrio climatico globale.
Nel frattempo, l’instancabile lavoro di assorbimento dell’anidride carbonica svolto dagli oceani – in gran parte attraverso il fitoplancton, che ingloba circa il 30% delle emissioni annuali – ha portato a un’acidificazione crescente delle acque. Ne fanno le spese gli organismi dotati di guscio calcareo, minacciati nella loro sopravvivenza. Anche i coralli di barriera stanno pagando un prezzo altissimo: le temperature elevate causano sbiancamenti sempre più frequenti e gravi, come nel caso emblematico della Grande barriera corallina australiana.
Un futuro scritto nell’acqua
Il riscaldamento degli oceani sta provocando una stratificazione che ostacola il rimescolamento verticale e impedisce all’ossigeno di raggiungere gli strati profondi, aggravando la crisi della biodiversità marina. Allo stesso tempo, l’energia accumulata fornisce carburante per eventi estremi: uragani più intensi, ondate di calore marino, tempeste violente.
Di fronte a questa spirale che accelera, le nostre risposte non possono più essere né parziali né rinviate.
Ignorare l’importanza vitale dell’oceano nella regolazione del clima – o sottovalutare il prezzo che esso sta pagando – è un errore che non possiamo più permetterci.
Adattamento e mitigazione devono procedere insieme: dobbiamo da un lato ridurre drasticamente le emissioni di gas serra, e dall’altro imparare a convivere con un clima già profondamente trasformato.
Ma il tempo non è infinito. Ogni frazione di grado guadagnata, ogni centimetro di mare trattenuto, ogni ecosistema preservato può fare la differenza.
La scienza ci offre le conoscenze, la tecnologia gli strumenti, l’oceano ci chiede solo una cosa: di fare in fretta.
Il nostro destino, nel bene e nel male, è già scritto nell’acqua.