fbpx

Accedi al tuo account

Nome utente*
Password *
Ricordami

“Tricherousa”, la mostra al Museo Diocesano delle icone della Madonna a tre mani In evidenza

Viaggio attraverso l'arte sacra.

Una bellissima giornata di febbraio, una passeggiata in centro, la visita lungamente rimandata della sala delle icone della Gran Madre dalle tre mani, all’interno del Museo diocesano della Spezia. Di recente il mio Assistente Ecclesiastico degli scout don Cesare Giani, mi aveva espresso l’entusiasmo della sua passione per l’Arte Sacra, per il suo lungo incarico alla direzione del Museo Diocesano della Spezia, in via del Prione, dove un tempo c’era la sede della Pubblica Assistenza. Fu lui che mi disse della sorpresa che ebbe dall’offerta da parte della Signora Maria Giovanna Bragantini Mantero della donazione di cento icone mariane appartenute al marito, il professor Renzo Mantero, nativo di Portovenere, medico e chirurgo luminare della chirurgia della mano che dirigeva il reparto di Chirurgia Generale e della mano di Savona e fondatore del Centro Regionale di Chirurgia della mano, tuttora un’eccellenza anche in campo internazionale. Il professor Mantero si è spento nel 2012 a 82 anni e oltre a esserne il principale specialista, era un cultore totale della mano, non solo nel contesto medico e scientifico ma anche nell’arte e nella spiritualità, avendo anche tenuto conferenze sul significato delle posizioni delle mani degli apostoli nell’Ultima Cena di Leonardo. Scrisse studi sulla simbologia della mano nella cultura cristiana e demoniaca e nei testi di Neruda e Pirandello. Avendo scoperto le icone della Gran Madre delle tre mani, ne divenne un collezionista specialistico.

Don Cesare Giani

Le icone ortodosse hanno una storia precisa che è di grande interesse non solo per i cristiani ma per tutti gli amanti dell’arte, della storia delle religioni, della simbologia sacra e della storia dell’iconoclastia, il periodo in cui un’eresia che negava l’incarnazione di Gesù si spinse fino alla distruzione di tutte le immagini. Vinsero le icone (eikon – εικονίδια), che furono il primo testo per immagini del messaggio religioso. Chi se ne occupava, a partire dall’evangelista Luca, medico e pittore, a cui vengono attribuite le prime immagini di Maria che tiene in braccio il bambino, sentiva il compito di tramandare fedelmente ciò che aveva visto o udito. Le prime immagini sacre in assoluto furono il velo della Veronica, e dopo, la Sacra Sindone. Su questi modelli i monaci pittori riprodussero infinite volte le icone ripetendo fedelmente i colori, i simboli, le posture della madonna, del bambino, di Gesù, dei santi, sempre uguali, come copie, ai modelli, per la necessità di mantenere una costante somiglianza all’originale, anche nei materiali.

Le icone trovavano posto nelle chiese ortodosse nella iconostasi, una parete di icone che divide il sacerdote celebrante dai fedeli, in un nascondimento che aumenta il mistero dell’Eucarestia.

I fedeli cristiani, in una chiesa di rito bizantino, davanti alle immagini sacre illuminate dalle lampade o dalle candele, si inginocchiano e fanno il segno della croce con le tre dita del pollice, dell’indice e del medio unite, ad indicare la Trinità. L’icona, l’immagine, è segno della presenza di Dio, sostituisce la presenza della persona e rende visibile l’invisibile. È la forma più semplice di autocoscienza ecclesiale che i popoli bizantini posseggono.

Nel 1975, sotto il regime sovietico di Breznev, mi trovai in una chiesa ortodossa a Kiev nel monastero di Kiev Pechersk Lavra, dove tre donne ucraine ortodosse mi fermarono per farmi i loro complimenti perché indossavo una collanina d’oro con medagliette cristiane. Le persecuzioni religiose avevano salvato qualche monumento ma avevano vietato ogni manifestazione individuale di sensibilità religiosa oltre ad aver sequestrato tutto l’oro. Nell’Ufficio Postale di Kiev incontrai pure un trafficante di icone che mi propose un acquisto di alcuni esemplari che avrei dovuto nascondere per il ritorno in Italia. Non ero interessato ad un possibile contrabbando per un’alta probabilità di acquistare dei falsi ma anche perché i doganieri sovietici erano severissimi nel proteggere  il patrimonio artistico nazionale.

Un interesse particolare mi ha spinto alla mia visita al museo, il mistero della terza mano di quelle icone ortodosse. Le icone della Gran Madre delle tre mani sono strettamente legate alla Leggenda di Giovanni Damasceno, presbitero e teologo siriano nato a Damasco nel 676. Proveniva da una famiglia araba cristiana ed aveva doti intellettuali che lo fecero scegliere come consigliere del califfo e amministratore cittadino. Cadde in disgrazia, fu processato per tradimento e gli fu amputata la mano destra. Perciò si fece monaco e divenne teologo e predicatore. Sulla “restituzione della mano” esistono diverse leggende, e racconta una di quelle versioni che Giovanni offrì la mano amputata a un’immagine della Madonna senza chiedere la guarigione e dall’icona sarebbe uscita una mano della Vergine che gli avrebbe riattaccato l’arto e lui per riconoscenza avrebbe fatto applicare sull’icona una mano d’argento.

Prof.re Mantero

Penso che proprio questa narrazione abbia fatto breccia nel cuore del professor Mantero, che fece di questa collezione un proprio culto. È una mia ipotesi solo intuita e non confermata, ma mi piace pensare che quel chirurgo che riattaccava mani amputate – un trauma tutt’oggi frequente per un incidente di lavoro o del traffico – si sentisse lo strumento di un miracolo della chirurgia che per la sua complessità è molto impressionante. Avendola studiata per i primi anni della Facoltà di Medicina e Chirurgia mi rendo conto di quanto sia complesso ripristinare tutti i collegamenti di arterie, vene, nervi, vasi del sistema linfatico, tendini o muscoli, trattare i traumi ossei e delle articolazioni. Un miracolo chirurgico che necessita pure di molta tempestività.

L’allestimento della sala al primo piano del Museo Diocesano è stato molto ben curato nella disposizione a cerchio, valorizzando la specificità di certe icone che presentano differenze più marcate rispetto alle tante altre. Ci sono dimensioni anche più grandi della numerosa serie di icone della stessa misura. Anche tra queste ce ne sono molte che si differenziano per un rivestimento in argento decorato con bulinature che anch’esse hanno significati conservati dai successivi monaci artigiani. Una di queste meravigliose icone mostra una originalissima forma che si può ammirare in questa foto.

I pannelli dai quali ho tratto queste ricche informazioni sono altrettanto precisi. È stata una visita che raccomando a tutti gli spezzini, per il piacere che procura questa esposizione e per gli spunti culturali e di gratitudine verso questo conterraneo chirurgo che ha miracolato tanti pazienti restituendogli in molti casi l’uso prezioso della mano.

 

Articolo di Paolo Luporini, in collaborazione con Spezia Mirror
Foto: Spezia Mirror

È GRATIS! Compila il form per ricevere via e-mail la nostra rassegna stampa.

Gazzetta della Spezia & Provincia non riceve finanziamenti pubblici, aiutaci a migliorare il nostro servizio con una piccola donazione. GRAZIE

Vota questo articolo
(0 Voti)
Redazione Gazzetta della Spezia

Redazione Gazzetta della Spezia
Via Fontevivo, 19F - 19123 La Spezia

Tel. 0187980450
Email: redazione@gazzettadellaspezia.it

www.gazzettadellaspezia.it

Lascia un commento

Assicurati di aver digitato tutte le informazioni richieste, evidenziate da un asterisco (*). Non è consentito codice HTML.

 
Studio Legale Dallara

Informiamo che in questo sito sono utilizzati "cookies di sessione" necessari per ottimizzare la navigazione, ma anche "cookies di analisi" per elaborare statistiche e "cookies di terze parti".
Puoi avere maggiori dettagli e bloccare l’uso di tutti o solo di alcuni cookies, visionando l'informativa estesa.
Se invece prosegui con la navigazione sul presente sito, è implicito che esprimi il consenso all’uso dei suddetti cookies.