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Antonio de Paoli spiega la sua “La metamorfosi della Fenice” In evidenza

di Anna Mori – La Statua è stata realizzata dall’artista per la commemorare lo scoppio di Falconara dopo aver vinto un concorso di idee indetto dal Comune di Lerici. 

Questa mattina in occasione della cerimonia di commemorazione del centesimo anniversario dello scoppio di Falconara, abbiamo incontrato Antonio De Paoli, l’artista che ha realizzato la statua de “La metamorfosi della Fenice” che resterà sul lungo mare di San Terenzo a memoria perenne dello Scoppio di Falconara. 

“Rinascere dalle ceneri e non fermarsi nella trasformazione. La natura e l’uomo, come questa Fenice, continuano la loro evoluzione verso la prosperità e il benessere riconquistando e modificando i propri spazi, facendosi tesoro del passato e guardando al futuro”. Così recita la targa affissa ai piedi della statua. 

De Paoli ha spiegato da dove è nata l’ispirazione che ha portato alla creazione della statua e che cosa questa vuole rappresentare.

“Sono uno scultore che si occupa prevalentemente di monumenti e opere pubbliche. In questo caso il monumento da realizzare aveva un significato importante e significativo in quanto bisognava ricordare una tragedia avvenuta cento anni fa che però diede un esempio di rinascita. Io fui proprio colpito da questo, dalla rinascita e dalla reazione della comunità che non solo in poco tempo rimise in piedi il paese ma che trasformò anche l’area occupata dal forte, in un parco, in un’area non più solo riservata alle forze armate, ma a tutti i cittadini. E’ rinata la natura, c’è il campo sportivo, le persone, i turisti, insomma nuova vita. 

Quando seppi del Concorso indetto dal Comune di Lerici, feci un sopralluogo, vidi il luogo, San Terenzo lo conoscevo, ma non sapevo di questo evento storico. Quando fui informato di questo concorso feci un sopralluogo, talvolta agli artisti capitano eventi particolari, quasi delle illuminazioni. Vidi il volo di un gabbiano particolarmente grande che sorvolò proprio l’area intorno al promontorio di Falconara. La immagazzinai nel mio inconscio. Tornai a casa e mi misi a disegnare e quando nel mio studio pensai alla rinascita, immediatamente feci il collegamento a quell’immagine del gabbiano, così mi venne in mente di rappresentare la Fenice, simbolo di rinascita e di resurrezione e di ciclicità della vita, dalla morte alla vita stessa.

Sono uno scultore che spesso commemora fatti storici, ho appena inaugurato un monumento a San Francesco D’Assisi in un luogo dove il Santo predicò agli uccelli. Di solito tratto la figura umana, metto l’uomo al centro di tutte le mie composizioni, non solo per dare un significato diretto a colui che osserva. Le mie opere non sono astrazioni, voglio trattare la materia e cercare di farla leggere il più possibile a chiunque, perché l’arte è un linguaggio universale. In questo momento rappresento una nicchia, la celebrazione è storica ma l’arte serve per ricordare la storia.

Quando penso allo scoppio della polveriera, penso alla reazione, a quello che c’è stato dopo. Creare un’opera d’arte vuol dire concretizzare il concetto attraverso la materia. Il mio pensiero è stato quello di concentrarmi sulla rinascita che in pochi anni è diventata reale, immediata e cosa meglio rappresenta la rinascita? Ho pensato alla Fenice. Il ricordo di quel gabbiano, di quel volo che mi colpi particolarmente, lo realizzai con schizzi e pensai ad una metamorfosi della Fenice. In questo caso non c’è una figura umana, ma una creazione nata dall’uomo che in qualche modo diventa natura.

Un’ala della fenice diventa un albero, simbolo di vita e rinascita, per guardare a qualcosa di ciclico, naturale, la morte, la nascita e il ritorno. Vedrete questa ciclicità nella sagoma che quasi riprende il punto e si evolve verso l’alto, come se sorgesse da terra e proseguisse il  suo movimento ascensionale, sottolineato anche dalla verticalità centrale della struttura, per poi esplodere, ricordando quello che è successo, come una deflagrazione che si sviluppa in senso positivo. Quasi un ritorno in vita per poi rialzarsi di nuovo. Quindi la ciclicità della natura e del creato. L’opera è rivolta verso il colle di Falconara dove ora c’è il parco fruibile al pubblico, è rinato un nuovo contesto”.

Sulla tecnica di realizzazione dell’opera, De Paoli ha aggiunto: “Ho realizzato l’opera con la tecnica del bronzo a cera persa. Sono partito da un modello in scala reale in polistirolo rivestito di plastilina che poi ho consegnato alla fonderia artistica Fratelli Fabbris di Verona, ho poi ritoccato le cere, ho cesellato l’opera in bronzo e infine è stato eseguito il montaggio finale sotto la supervisione dell’Ingegnere De Amici di Pavia che ha curato la statica”.

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